A Milano da ieri 400 giovani discutono di cambiamento climatico e di soluzione al riscaldamento globale. Sono i delegati arrivati da tutto il mondo per partecipare all’iniziativa «Youth4Climate», l’appuntamento che apre e anticipa la Pre-COP26, con cui le Nazioni Unite preparano il summit di Glasgow sul climate change. Domani nel capoluogo lombardo dovrebbero arrivare anche Sergio Mattarella e Mario Draghi. Lo stesso giorno aprirà anche il Climate Camp, che vede in programma un corteo studentesco (1° ottobre) e la Climate March (il 2).

IERI PERÒ, L’ATTENZIONE è stata catalizzata dall’intervento di una diciottenne svedese. L’ispiratrice del movimento Fridays for Future, Greta Thunberg, ormai maggiorenne, è arrivata al palazzo di Milano Congressi. Sul palco, sorridendo sempre e spaziando con lo sguardo a 180 gradi sulla platea di fronte a sé, ha cancellato con le sue parole ogni idea che l’evento ufficiale dedicato ai giovani sarebbe stato pieno di retorica: «dai leader mondiali sentiamo solo parole, bla bla bla. Le emissioni continuano ad aumentare. Possiamo invertire questa tendenza, ma serviranno soluzioni drastiche. E dato che non abbiamo soluzioni tecnologiche, vuol dire che dovremo cambiare noi. Non possiamo più permettere al potere di decidere cosa sia la speranza. La speranza non è un qualcosa di passivo, non è un bla bla bla. La speranza vuol dire la verità, vuol dire agire. E la speranza viene sempre dalla gente. Noi vogliamo giustizia climatica, e la vogliamo ora».

LA POLITICA, quella del bla bla bla, era seduta al tavolo di presidenza, ad ascoltarla. C’era (padroni di casa) anche il ministro della Transizione ecologica, Roberto Cingolani, «La crisi climatica è sintomo di una crisi di più ampio respiro, la crisi sociale della ineguaglianza, che viene dal colonialismo. Una crisi che nasce dall’idea che alcune persone valgono piu’ di altre» ha detto ancora Thunberg.

SECONDO LA GIOVANE attivista svedese per il clima, «stiamo andando velocemente nella direzione sbagliata. I nostri leader non agiscono volutamente, e questo è un tradimento. Non possono dire che lo fanno, perché continuano ad aprire miniere di carbone e a sfruttare giacimenti, senza aumentare i fondi ai Paesi vulnerabili. Selezionano giovani come noi facendo finta di ascoltarci, ma non è vero. Non ci hanno mai ascoltati».

L’URGENZA DI MISURE radicali per contenere il riscaldamento globale entro 1,5°, ribadita nei giorni scorsi anche dal segretario generale delle Nazioni Unite, Guterres («Il mondo è su un percorso catastrofico verso 2,7 gradi di riscaldamento globale. C’è un alto rischio di fallimento della COP26»), è presente nella riflessione di Thunberg: «Dobbiamo trovare una transizione senza traumi, perché non c’è il piano B, non c’è il piano bla bla bla. Qui non stiamo parlando semplicemente di un costoso e politicamente corretto green washing bla bla bla, green economy bla bla bla, net zero al 2050 bla bla bla. È tutto quello che sentiamo dai nostri leader. Parole, che sembrano bellissime, ma che non hanno portato finora ad alcuna azione. Le nostre speranze annegano in vuote parole da 30 anni. Il cambiamento è possibile, ma non se continuiamo cosi»

PRIMA DI LEI, un’altra giovane attivista per il clima, l’ugandese Vanessa Nakate, aveva ricordato che i paesi africani subiscono il peso maggiore della crisi climatica, pur emettendo solo il 3% dei gas serra. Per questo aveva chiesto con durezza ai Paesi ricchi di aumentare gli aiuti. Solo al termine del suo intervento, invece, Greta ha avuto uno scambio di slogan col pubblico di giovani in sala, in stile comizio. «Cosa vogliamo?», ha gridato. «Giustizia climatica!», hanno risposto ragazze e ragazzi. «E quando la vogliamo?». «Ora!».

IL MINISTRO Cingolani ritiene di aver detto «le stesse cose» delle due rappresentanti degli attivisti contro il cambiamento climatico, Greta Thunberg e Vanessa Nakate. Solo, le avrebbe dette «in modo diverso». Ieri l’altro, però, intervenendo a un webinar di Save the Children sull’impatto della crisi climatica sui più giovani, aveva mostrato di non cogliere l’importanza di ascoltare le voci dei giovani attivisti di tutto il mondo: «Va bene protestare, ma le proteste non devono durare per sempre. Poi bisogna essere propositivi, e per farlo bisogna studiare. Il diritto all’istruzione è fondamentale per i giovani. Spero che la Youth4Climate di Milano vada bene e porti tante idee alla Cop26». I giovani protestano, gli ambientalisti sono radical chic. Ma è una lettura miope. I giovani hanno paura, ma non sono atterriti: «Il cambiamento climatico non è solo una minaccia, è soprattutto un’opportunità di creare un Pianeta più verde e più sano. Dobbiamo cogliere questa opportunità. È una soluzione win-win, sia per lo sviluppo che per la conservazione». I grandi questa volta sapranno ascoltare?