Ha mantenuto eccome le sue promesse, il presidente Trump. Ha stracciato l’accordo di Parigi sul clima, ha minato l’Agenzia di Protezione dell’Ambiente (Epa) nominando ai suoi vertici lobbisti del carbone, ha negato l’accesso ai dati sui cambiamenti climatici e intimidito i giornalisti che si occupano di ambiente. In nome dell’indipendenza energetica la sua amministrazione ha promosso soltanto le fonti fossili, anche dove non è più economicamente conveniente utilizzarle. Ha dato il via libera a trivelle, fracking, scarichi nei fiumi, pesticidi tossici, oleodotti e ad ogni altra fonte di emissione di gas climalteranti, compresi i tubi di scappamento delle automobili, smantellando sistematicamente i limiti fissati da Obama. Non ha risparmiato gli animali e le forme di protezione del territorio. E ha messo in discussione la scienza, promuovendo, dove ha potuto, scettici e negazionisti del clima, forse il peggiore tra i suoi misfatti verdi.

Una lista dettagliata e documentata del progressivo smantellamento delle norme ambientali del governo federale Usa è stata giornalmente compilata e aggiornata in questi 4 anni dal centro di ricerca sul diritto dell’ambiente e dell’energia dell’Università di Harvard (Environmental & Energy Law Program, Eelp), che ha documentato anche i ricorsi e le cause legali intentate da governatori, movimenti ambientalisti e cittadini contro il governo di Washington. Ecco, in estrema sintesi, come è stato trattato l’ambiente dall’amministrazione Trump.

CAMBIAMENTI CLIMATICI. Uscito dall’Accordo sul clima, firmato da Obama nel 2015, Trump ha dato licenza di emettere CO2 e altri gas climalteranti a tutti i settori. All’industria automobilistica – il trasporto è il settore più dannoso per il clima negli Usa, più che la produzione di energia – Trump ha concesso di rivedere al ribasso gli standard di rendimento del carburante imposti da Obama (una media 86 km per gallone, cioè 3,7 litri, che il paese dei Suv non ha gradito) e l’ha abbassato a 64 km per gallone. E abbassato le multe alle industrie che non li rispettano. Dopo un paio di anni di dispute tra stati, governo federale e case automobilistiche, lo scorso 17 agosto la California ha siglato un accordo con Bmw, Ford, Honda, Volkswagen e Volvo per la fornitura di automobili che rispettano almeno i limiti dell’era Obama. Allo stesso modo sono state allentate le norme per le emissioni di CO2 degli impianti di energia elettrica, le emissioni di metano da discariche, allevamenti (non sono più tenuti a dichiarare le emissioni degli effluvi zootecnici), impianti di produzione di gas e petrolio da fracking, e le emissioni di HCFs, i gas usati nei frigoriferi e negli impianti di condizionamento. Coerentemente, Trump ha sospeso il calcolo del costo sociale della CO2, uno strumento introdotto da Obama per calcolare i costi indiretti delle emissioni e i benefici della loro riduzione. E, dal momento che i prezzi delle rinnovabili (e del gas) sono sempre più bassi, ha proposto sussidi alle centrali a carbone e nucleari che risultano meno competitive.

INQUINAMENTO. Su pressione di American Petroluem e AFPM sono state rivisti all’insù i limiti di scarichi in atmosfera delle 150 raffinerie di petrolio degli Usa. E sono state allentate le norme più stringenti introdotte da Obama per le polveri sottili (PM 2.5) che, in declino per un breve periodo, hanno ricominciato a crescere durante il governo Trump.

ANIMALI. Negli ultimi mesi, a ridosso delle presidenziali, c’è stata un’escalation di provvedimenti che mettono a repentaglio specie a rischio. In aprile, sono stati rimossi i vincoli a protezione dei tonni in fase di ripopolamento nell’Atlantico e le norme che limitano le catture accidentali di delfini e tartarughe nel Pacifico; a giugno è ripresa la caccia degli orsi nelle riserve nazionali dell’Alaska, vietata dal 1980; sempre in giugno Trump ha firmato un’ordinanza che consente la pesca commerciale nei Northeast Canyons e nel Seamounts Marine National Monument, zone protette del Pacifico istituite insieme ad altre da Nixon nel 1972; in agosto sono state allentate le norme su caccia e cattura accidentale degli uccelli migratori; in settembre è stata proposta una modifica alla legge sulle specie protette che potrebbe smantellare gran parte delle aree classificate come «ambienti vitali».

PESTICIDI. L’Epa ha deciso nel luglio 2019 di non mettere al bando il clorpirifos, un pesticida altamente tossico usato dal 1965 (è vietato in UE da gennaio e in alcuni stati degli Usa, tra cui la California). Il divieto dei pesticidi neonicotinoidi e degli Ogm (introdotto nel 2014) nel National Wildlife Refuge System, il sistema di zone protette per la conservazione della biodiversità, è stato revocato nell’agosto del 2018, decisione confermata da una sentenza del settembre scorso. Nel novembre 2019, l’Epa ha proposto di restringere le zone di rispetto dei trattamenti con i pesticidi, istituite per limitare il contatto sia degli agricoltori che delle persone che vivono nelle zone agricole.

OLEODOTTI. Trump ha dato di nuovo il via ai controversi oleodotti Keystone XL e Dakota Access Pipelines, che erano stati bloccati da Obama nel 2012. Entrambi sono stati progettati per trasportare bitume rispettivamente dalle sabbie bituminose dell’Alberta (Canada) e dagli scisti bituminosi del Nord Dakota verso le raffinerie del Texas e dell’Illinois. Entrambi della lunghezza di circa 2mila km, sono contestati non solo per i rischi legati alle possibili fuoriuscite di idrocarburi che possono danneggiare aree naturali di pregio e falde acquifere, ma anche perché raffinare bitume, rispetto al petrolio, comporta un 17% di emissioni di CO2 in più. Per non ostacolare le grandi opere, l’amministrazione Trump ha rivisto in luglio le norme che regolano la valutazione di impatto ambientale per escludere un maggior numero di tipologie dalla valutazione e per ridurre gli impatti e le alternative da considerare.

ACQUA. Trump ha ridotto l’ambito del Clean Water Act (la legge sull’acqua potabile), escludendo dalla protezione fiumi e le zone umide che non siano permanenti, dando così licenza di inquinare i corsi d’acqua effimeri ad allevamenti intensivi e complessi industriali. Allentate anche le norme sulla protezione dei corsi d’acqua nelle vicinanze delle miniere di uranio. Stessa sorte è toccata alla politica sugli Oceani voluta da Obama per proteggere e migliorare la qualità delle acque delle aree costiere e dei grandi laghi: nella versione di Trump sono stati cancellati i riferimenti alla conservazione della biodiversità e alla salute ecologica degli oceani. Trump ha cercato di tagliare del 90% i fondi per la bonifica della Chesapeake Bay, il più grande estuario della costa Atlantica inquinata dagli scarichi urbani e dell’agricoltura: però, dopo il ricorso di 4 stati, i fondi sono stati ripristinati.

TRIVELLE. Semplificate le norme per le concessioni di idrocarburi, permessi di ricerca e trivellazioni su terreni del demanio e nel mare. Dato il via allo sfruttamento della National Petroleum Reserve dell’Alaska, il più grande appezzamento di terreno pubblico del paese, vincolato sin dal 1923 come riserva di petrolio di emergenza per l’esercito americano. Nel 2017, 10 milioni di acri (un’area pari al doppio delle regione Veneto) sono stati resi disponibili per concessioni, la più vasta offerta nella storia degli USA. E nemmeno l’Arctic National Wildlife Refugee, l’angolo più incontaminato del nord est dell’Alaska, sarà risparmiato. Obama aveva tentato di far pagare alle compagnie minerarie royalties allo stato (le pagano solo le compagnie petrolifere), ma Trump ha cancellato la norma e ha anche tentato di eliminare la fidejussione a garanzia dei costi di smantellamento di alcune tipologie di impianti, ma su quest’ultima norma per ora pende un ricorso.

Infine, non sapendo più cosa inventarsi, l’amministrazione Trump ha invitato l’opinione pubblica a segnalare al ministero degli Interni quali norme altre ambientali possono essere riviste o cancellate.