Il 27 marzo scorso si è spenta Clara Baracchini, una delle figure più importanti nel campo della tutela del patrimonio storico artistico e paesaggistico italiano. Una donna che ha lavorato tantissimo nel campo della catalogazione, della ricerca e nella progettazione di sistemi informatici per la catalogazione e il restauro. Una funzionaria dello stato che ha speso cinquanta anni della sua vita al servizio della Soprintendenza di Pisa, di cui è stata per lungo tempo l’anima.

Formatasi in questa città alla fine degli anni Sessata del Novecento con Carlo Ludovico Ragghianti, figura chiave degli studi storico-artistici in Italia e fondatore del Dipartimento di Storia delle Arti della locale università, in cui si insegnavano, oltre alle discipline tradizionali, storia dell’urbanistica, storia del cinema e arti applicate, Clara Baracchini si è distinta sin da subito per alcuni importanti studi sull’architettura e la scultura medievale in lucchesia, tra cui il Duomo di Lucca del 1973, scritto a quattro mani con Antonino Caleca ed ancor oggi punto di partenza per gli studi su quell’edificio.

Entrata nei ranghi del Ministero dei Beni Culturali nel 1971, di lì a poco iniziò il suo lavoro di catalogazione dei beni mobili e immobili delle quattro province allora di competenza di quella Soprintendenza (Pisa, Lucca, Massa e Livorno), portando avanti una sperimentazione sul tracciato catalografico in collaborazione con l’allora direttore dell’ICCD, Oreste Ferrari. La conoscenza capillare del territorio e delle sue opere era per lei centrale per qualsiasi ricerca storico-artistica e così per i necessari interventi di restauro. Conseguenza ne furono alcune importanti mostre di ricognizione a partire da quella sull’oreficeria sacra a Lucca (1993) e quella sulla scultura lignea medievale, sempre a Lucca (1995).

Nel frattempo, stringeva un sodalizio con Enrico Castelnuovo, nel periodo in cui lo storico dell’arte torinese insegnava alla Scuola Normale; la loro collaborazione dette vita alla mostra Niveo de Marmore, tenutasi a Sarzana nel 1992, e all’importante volume pubblicato da Einaudi sul Camposanto di Pisa, luogo a cui Baracchini ha dedicato gran parte delle sue attenzioni come funzionaria dello stato. Fu proprio qui che ebbe inizio un lavoro mastodontico, in cui coinvolse una folta schiera di collaboratori, poi confluito nel catalogo-mostra (nel senso che la seconda è accessoria al primo) I marmi di Lasinio (1993), sul museo che nell’Ottocento Carlo Lasinio avrebbe voluto allestire nel cimitero monumentale. Assieme alla mostra fu sviluppato un sistema informativo multimediale all’avanguardia, che oltre a consentire di consultare le schede del catalogo, offriva l’occasione di una passeggiata virtuale – una tra le prime mai realizzate – nel celebre monumento nel corso del tempo.

La volontà filologica di riportare in vita quel contesto architettonico-decorativo sfociò nella formulazione di un complesso progetto di restauro e recupero degli affreschi Tre-Quattrocenteschi, che nell’immediato dopoguerra erano stati staccati dalle pareti e in parte esposti in altra sede. Con la sua grande capacità di reperire fondi, anche da istituti internazionali, e grazie al coinvolgimento di attori di diverse competenze, scientifiche, tecniche e storiche, fece partire quel lungo restauro che oggi si è parzialmente concluso, tra tante amarezze e accese diatribe con l’Opera della Primaziale. Se possiamo ammirare nel suo luogo originario il ciclo del Trionfo della Morte di Buonamico Buffalmacco, pur compromesso dai danni della guerra, è anche per l’impegno e la dedizione spesi da Clara Baracchini, anche dopo il suo pensionamento.

Similmente, se proprio in questi giorni a Pisa si festeggia l’approvazione del piano di gestione del sito Unesco della piazza del Duomo, ciò si deve ad un lungo percorso di collaborazione tra istituzioni ed enti coinvolti da lei avviato come vice-soprintendente e giunto a conclusione dopo circa trent’anni. La sua strenua difesa dei monumenti e del loro contesto trovò in quella piazza un luogo d’elezione, tanto è vero che con il Centro di Ricerche Informatiche per i Beni Culturali, fondato alla Scuola Normale da Paola Barocchi, costruì un sito web sulla storia di quel luogo e le sue trasformazioni. Duole ancora una volta sottolineare il fatto che questo progetto, come tanti altri di portata innovativa realizzati da Baracchini, sia scomparso dalla rete senza lasciare traccia.

Tra le sue numerosissime imprese, va ricordato da ultimo il progetto di informatizzazione del patrimonio catalografico di tutte le soprintendenze d’Italia, che il Ministero per i Beni Culturali affidò proprio a lei nel 2004-2005 con il risultato della creazione di un database unico che raccoglieva, all’epoca, oltre due milioni di opere schedate. La supervisione di questo “cantiere” – popolato da decine tra schedatori, funzionari e informatici – fu capillare da parte di Clara Baracchini, che si è occupata personalmente di ogni aspetto del progetto, dalla revisione dei vocabolari tematici alle più spinose ma avvincenti questioni informatiche.

La passione per il lavoro e il suo impegno nella tutela del patrimonio culturale in senso lato sono stati per lei un imperativo categorico che ha perseguito nell’arco di tutta la sua esistenza con umanità e grande rigore morale.