Di fronte all’enormità e alla complessità dei problemi di Roma non si sente veramente il bisogno di aggiungerne un altro. E invece un altro problema c’è, ed è un problema che riguarda la città nella sua sostanza e riguarda il suo territorio metropolitano, in particolare la città di Civitavecchia e la super concentrazione di produzione di energia che vi ha luogo.

Come ci insegnano gli studi di urbanisti, sociologi e antropologi ecc. tutto il territorio intorno a Roma ne subisce l’influenza, ne è risucchiato e ne diventa periferia. E questo non limitatamente all’area corrispondente alla ex provincia, ma fino a tutta la regione Lazio e anche oltre. Territori che di fatto corrispondono al grande indotto della Capitale.

Indubbiamente la corona di cittadine più o meno grandi della Città Metropolitana è condizionata dal gigantismo di Roma; non riescono a trovare una loro identità, un loro sviluppo poiché hanno una sostanziale funzione di servizio con il pendolarismo di lavoratori e studenti.

Potrebbero sviluppare vocazioni autonome, a partire dal turismo, svolgere il ruolo di vacanza e di svago ma di fatto sono influenzate dal processo disgregativo e dissipativo della Capitale, dalla inerzia dissolutiva in cui tutto langue.

E Civitavecchia forse rappresenta maggiormente questo destino, perché se da un lato è la sede della più alta concentrazione di produzione di energia elettrica d’Europa, e del Porto di Roma da cui partono i traghetti per l’Italia e l’estero, dove attraccano le Grandi Navi Crociera, e che accoglie una piccola flotta di pescherecci, dall’altro tutto ciò non si traduce in un volano produttivo di stimolo all’occupazione e all’impresa, ma soltanto in una cappa di inquinamento che avvelena la città e ne mortifica lo sviluppo e l’occupazione.

Perché tutte queste attività una cosa la producono in abbondanza: l’inquinamento.

Solo le due centrali di Torre Valdaliga Nord e Sud emettono 10 milioni di tonnellate di anidride carbonica all’anno (Nuova Ecologia, 16 novembre 2020).

Le navi ferme al porto non possono spegnere gli impianti e bruciano olio combustibile pesante, catrame o quasi, per restare accese perché il porto di Civitavecchia, come la maggioranza dei porti italiani, non è elettrificato.

Si può facilmente dire che l’energia elettrica prodotta nelle centrali di Civitavecchia copra i bisogni energetici di Roma e di tutta la regione e quindi che i problemi di Civitavecchia sono i problemi di Roma.

Stiamo parlando della Centrale a carbone di Torre Valdaliga Nord di 1980 MW installati che l’Enel, in base al Piano Energia e Clima sviluppato nel 2019 e già insufficiente agli obiettivi europei, chiuderà. Ma non si procederà con le dovute bonifiche e la riconversione dei territori occupati dalla centrale.

Sarà invece costruita una nuova centrale a gas naturale. A fianco a questa una seconda nuova centrale a gas verrà realizzata dalla vicina Tirreno Power a Torre Valdaliga sud.

Ma il gas naturale, per oltre il 90% costituito da metano, è fossile come il carbone ed è altamente inquinante. Le nuove centrali a gas disperderanno nell’atmosfera fumi tossici e le esalazioni del metano ridurranno ulteriormente l’occupazione, non garantiranno la transizione ecologica, continuando a legare il paese a modelli di sviluppo ed interessi arretrati delle lobby fossili, quelle che un tempo, nel mondo, si chiamavano sette sorelle!

In Italia oggi dire gas significa dire Eni con i suoi numerosi contratti attivi.

Per questa ragione, nel 2019 si è costituito il Comitato SOLE (Salute, Opportunità, Lavoro, Ecologia) che lotta per realizzare a Civitavecchia un grande progetto di produzione elettrica tramite energie rinnovabili (fotovoltaico, eolico galleggiante, idrogeno verde e in futuro maree) per la completa trasformazione del porto in senso sostenibile: un progetto chiamato PORTO BENE COMUNE.

Porto Bene Comune che è diventato Civitavecchia Bene Comune quando il progetto si è esteso ed arricchito dall’ipotesi di un offshore galleggiante ad energia eolica, utile ad alimentare il porto, al largo della costa.

Un grande progetto pilota su scala nazionale di costituzione di una grande comunità energetica per l’elettrificazione dell’intero Porto di Civitavecchia. Tecnologie mature quali fotovoltaico ed eolico, tecnologie pilota per l’elettrolisi e lo stoccaggio di idrogeno verde con gli eccessi di energia, accumuli in batterie, renderanno l’intera gestione portuale ad emissioni zero, ed economicamente sostenibile e competitiva con le fonti fossili, carbone o gas che siano.

La produzione di pannelli fotovoltaici, pale eoliche, elettrolizzatori, sistemi di gestione di smart grid e quant’altro, il montaggio delle strutture e la manutenzione degli impianti garantiranno occupazione qualificata a lungo termine.

Una grande opportunità per il Porto e per Civitavecchia a che potrà competere a livello europeo con l’offerta di elettricità, strutture e servizi all’avanguardia rispondenti al modello di sviluppo della rivoluzione verde.

L’intera cittadinanza, i metalmeccanici della centrale, i portuali, i lavoratori, i sindacati, i commercianti, gli studenti, gli insegnanti, i cittadini appoggiano il progetto che se realizzato consentirà a Civitavecchia di uscire da una stasi secolare.

I cittadini di Roma si avvantaggeranno per il significato emblematico del progetto Porto Bene Comune nell’area metropolitana che potrà guidare la realizzazione di altri impianti per la produzione di energia verde e pulita nelle aree periferiche della città come nella regione e nel paese stimolando una azione di volano per occupazione e sviluppo.

E Civitavecchia si potrà trasformare da cuore malato a polmone verde di Roma diventando centro della svolta tecnologica verso la giusta transizione ecologica.

Claudia De Cesaris fa parte di Extinction Rebellion