Pippo Civati, lei chiede un referendum interno sull’art.18. È previsto nello statuto del Pd, ma non c’è un regolamento. Quindi non si può fare, almeno per ora.

La mancanza del regolamento non mi sembra una grande argomentazione per i nemici della burocrazia. Se il problema è quello, io molto tempo fa ne ho proposto uno: lo metto a disposizione. Il problema è che Renzi non si rende conto che cancellare l’art.18 è un passaggio epocale per il Pd. Alle primarie e alle elezioni nessuno ha mai fatto una proposta simile. Questa è una svolta che ha il valore di una primaria, non su un nome ma su una scelta.

Crede che se Renzi si rimettesse al giudizio degli iscritti perderebbe?

Se è così sicuro di vincere lo faccia. Vuole imporre una svolta radicale verso le posizioni del centrodestra. Allora perché non abbiamo votato Berlusconi nel ’94? Comunque confrontiamoci. Non solo in una direzione in cui le posizioni, ci fanno sapere i renziani, sono già decise. E dove c’è una maggioranza disposta sempre a votare tutto.

Una svolta radicale? L’art.18 è già stato modificato due anni fa da Fornero.

Ma questo è uno spostamento di senso definitivo. Oggi la Fornero dice che non c’è bisogno di andare oltre: e se lo dice lei. Davvero ci vogliamo collocare alla destra di Monti?

La sua posizione è opposta a quella di Renzi.

Ma è Renzi è che sta cambiando linea. Mi accusano ogni settimana di fare una scissione. Ma chi mena? Chi ha uscite provocatorie e scissioniste? È Renzi che rompe. Solo lui può sostenere che Bersani è un uomo divisivo. La mia proposta è: un Pd unito su una legge più civile. Teniamo quel che resta dell’art.18 nel contratto a tutele progressive. Purché le tutele non arrivino dopo dieci anni. Se invece Renzi vuole accelerare per riposizionarsi e andare al voto, è un’altra storia.

Per definizione le scissioni non le fanno le maggioranze. Sta pensando di rompere, magari di andare da Vendola?

Sto pensando che se passa anche questa sul centrosinistra ci mettiamo una lapide. Io non vado in Sel ma vorrei un centrosinistra unito contro la destra e le sue proposte. Sono contro il trasformismo: siamo stati votati con un programma e ne realizziamo un altro. Se passa così questa legge, si cambia la collocazione storica e politica del Pd. Ma non volevamo rappresentare le forze del lavoro? Lo chiedo a chi, come Orfini, teorizza che un partito debba essere di parte. Di quale parte?

Del resto l’Italicum ha uno sbarramento al 4,5 per i partiti coalizzati: addio Sel. Non è questa la lapide sul centrosinistra?

Quello sbarramento ha un andamento opportunistico. Nell’estate Renzi ha fatto capire che voleva aprire una stagione più plurale. Ma non so se è così intelligente per Renzi scegliere l’applauso corale della destra. Si è accorto che ha gli apprezzamenti di Libero e le nostre critiche? Se gli sta bene, vuol dire che ha già deciso.

Guerini dice che non ci sarà libertà di voto sul jobs act, come chiede Bersani.

Modo di ragionare pericoloso. Potrebbe essere necessario un cambio di maggioranza: escono persone come me e Bersani e entrano persone come Berlusconi.

Ammetta: un’idea di rompere ce l’ha.

Se vanno avanti così la rottura la provocano loro. Io vorrei una riforma fatta bene. Se è un problema mio personale si va in commissione garanzia, se riguarda cento parlamentari si va dal presidente della Repubblica.

Il rituale della direzione sarà: la minoranza in schiacciante minoranza si dovrà adeguare. Lei che farà?

Un partito che discute non ha sempre e comunque una maggioranza già determinata. Io ultimatum non ne do. Ma una direzione per ribadire che Renzi ha vinto il congresso ce la possiamo anche risparmiare: ci guardiamo in streaming e ci mandiamo i video. Un partito si tiene unito, dirigenti ed elettori, con la discussione. O ormai vogliamo vincere solo con gli elettori della destra?

La mediazione potrebbe essere mantenere il reintegro sul posto di lavoro per il licenziamento discriminatorio?

Da solo no. È sbrigativo dire che due miliardi, ammesso che ci siano, bastano per i nuovi ammortizzatori sociali. Poi ci sono le odiose norme sul demansionamento.

Voterete in direzione mentre il senato già vota la legge.

A furia di correre non hanno sincronizzato gli orologi. E allora i senatori sono liberi.