Benvenuti in Italia. Purtroppo le cose sono finite come si sapeva che sarebbero finite, con uno sbilanciamento verso il centro e la destra che toglie a Milano quell’eccezionalità in cui aveva vissuto negli ultimi anni, peraltro ormai già ridotta al lumicino. Il Partito della Nazione è approdato anche qui».

Pippo Civati, leader di Possibile, le primarie di Milano le ha osservate dalla finestra. Il momento di entrare in campo, per lui, arriva ora.

Che farà adesso, si candida?

Da domenica sera me lo stanno chiedendo in molti, ma io credo in una candidatura civica più che puramente politica, di qualcuno che faccia parte della società milanese e sia capace di unire mondi diversi, al di là delle sigle di appartenenza. Nomi ne circolano già (da Vittorio Agnoletto all’attuale presidente del Consiglio comunale Basilio Rizzo a Marco Mori, coordinatore di Possibile in città ed ex presidente di Arcigay Milano, ndr), ma è un processo tutto da costruire, insieme ai Socialisti, a Rifondazione, alla miriade di pezzi di società che non si riconoscono nell’offerta presentata fin qui, per il quale ora vanno accelerati i tempi. Entro febbraio dobbiamo mettere in campo una proposta alternativa in grado di intercettare il consenso più ampio possibile. A Roma partiremo sabato con un’assemblea che diverrà permanente: l’idea per le amministrative romane è di conciliare le componenti e le candidature, quella di Stefano Fassina e quella, che sta emergendo, di Ignazio Marino. Un processo analogo deve iniziare a ruota a Milano. Del resto, ci stiamo pensando da tempo: per noi l’esito delle primarie era scontato, nessuna sorpresa e nessun cambio di scena.

Qualcosa è cambiato, però: la vittoria di Sala potrebbe aprire grandi spazi a sinistra.

Sicuro. Il travaglio è già iniziato per tanti. Renzi ha chiarito la sua volontà di prendere voti da qualsiasi parte arrivino, sostenendo che non si debba fare gli schizzinosi. Ecco, noi vogliamo prendere tutti i voti degli schizzinosi. Ma, ripeto, la nostra proposta va costruita con la comunità locale, e inizieremo fin dai prossimi giorni. Inizia una storia diversa, non nel senso inteso l’altra sera da Majorino, che archiviate le primarie sosterrà Sala: inizia il lavoro per far nascere un progetto nuovo. Chiunque di noi potrà essere chiamato a candidarsi o comunque a ricoprire un ruolo, non ci sono automatismi.

Come giudica quanto accaduto a Milano?

Un enorme pasticcio, un notevole problema gestionale con un solo possibile esito chiaro fin dall’inizio. Infatti, io ne sono rimasto fuori, per netta scelta politica.

Di chi sono le maggiori responsabilità?

La responsabilità politica di Pisapia è oggettiva. E sta, di fondo, nel non aver preparato la sua successione in questo cambiamento di schema nazionale così clamoroso. Non voglio buttargli la croce addosso, però è proprio questo che più mi ha deluso di lui: il basso profilo che ha tenuto nei confronti di Renzi, il fatto di non essere mai critico, mai incalzante rispetto alle scelte del governo. Del resto, la sua posizione è quella che di recente ha sottoscritto insieme ai sindaci Doria e Zedda con l’appello pubblico per il centrosinistra, che prevede un’alleanza organica col Pd. Noi invece pensiamo a ricostruire la sinistra in alternativa al Pd. Ora lui sosterrà Sala, come prevedibilmente faranno tutti i soggetti coinvolti nelle primarie, compresa Sel o gran parte di essa.

Era credibile pensare che Pisapia avrebbe rotto con il Pd?

È chiaro che sarebbe stata una scelta molto pesante. La verità è che il modello che lui ha incarnato a Milano non esiste più, non c’è più quell’afflato che nel 2011 l’ha portato alla vittoria.

E dei due contendenti a sinistra, Majorino e Balzani, che dice?

Li stimo molto entrambi, ma penso che non avrebbero dovuto giocare la partita delle primarie così concepite, una volta capito che cos’è oggi il Pd.

Avrebbero dovuto lasciare il partito?

Non necessariamente. Ma credo che Majorino, in particolare, avrebbe potuto candidarsi già a maggio in modo indipendente. Ecco, quella sarebbe stata una chiave possibile che avrebbe potuto incontrare il nostro gradimento.