L’autobus lascia l’autostrada e sale tra le curve per più di 2 chilometri, fin quasi a 1.000 metri di altezza. In una zona montagnosa dello Stato Vargas, tra Caracas e il Litorale Centrale, si trova Ciudad Caribia, «la prima città socialista» del Venezuela. Due ragazze si fermano, curiose, alcuni bambini corrono verso i nuovi venuti. Dalle case intorno, arriva musica llanera. Una donna ci tende la mano e si presenta: Xiomara Alfaro, prima cittadina, o meglio «autorità unica di questo Distretto motorio». Così viene definito il circuito che racchiude le «città nuove», le città inventate dal chavismo per coniugare dignità e utopia.

Sotto un porticato, c’è la ricostruzione in miniatura di Ciudad Caribia, i progetti realizzati e quelli ancora da costruire. «Prima, qui non c’era nulla – spiega Alfaro – solo vento, nuvole e animali. Tutto è cominciato nel 2007, da un’idea di Hugo Chavez, che ha voluto sperimentare una scommessa: costruire una comune eco-socialista, libera dalla violenza di genere e dalla sopraffazione, basata sui principi umanisti della rivoluzione bolivariana». Grazie al lavoro comunitario di operai, ingegneri e architetti, nel 2011 le prime famiglie hanno potuto trasferirsi: inizialmente erano 602, oggi abitano qui 7.000 persone. Quando la città sarà completa, dovrebbe ospitare 20.000 famiglie, circa 100.000 persone.

«I primi ad arrivare – racconta Xiomara – sono stati gli alluvionati del Vargas. Nel 2010, il fango si portò via case e vite, oltre 100.000 persone furono trasferite nei rifugi. Oggi più nessuna di loro è senza casa, ma allora la questione dell’abitare emerse nella sua drammaticità, mostrando l’estrema vulnerabilità delle persone che vivevano nelle baracche, prive di condizioni minime di sicurezza e conseguenti regole di vita». Oggi, intorno vi sono le case costruite dalla Gran Mision Vivienda Venezuela (Gmv), un gigantesco progetto di case popolari ammobiliate consegnate dal governo chavista con un contributo per fasce di reddito, pari a zero per chi è privo di risorse. Alla fine del 2015, è stata assegnata la milionesima abitazione popolare. Ora, le destre maggioritarie alle ultime elezioni parlamentari, dicono di voler trasformare le case in proprietà individuali che chiunque può vendersi o affittare: un modo demagogico di attaccare la «proprietà collettiva. A Ciudad Caribia vi sono un Centro diagnostico integrato (Cdi), promosso dai medici cubani; due scuole elementari, un asilo nido e un liceo; una radio comunitaria; e anche una stazione di polizia, una Casa Penale, un tribunale per piccoli reati e una Casa di mediazione e soluzione dei conflitti.

«Da noi – dice ancora Xiomara – vengono persone che non avevano mai avuto un’opportunità, che hanno vissuto situazioni di marginalità e violenza, donne provate da una vita dura, che qui imparano a vivere in pace e a sviluppare la parte migliore di sé. La popolazione va da zero ai trent’anni ed è in maggioranza femminile. I ragazzi vengono educati in base alla pedagogia libertaria di Paulo Freire, basata sull’inclusione, il rispetto delle differenze e della comunità. Gli educatori vengono selezionati in base alla motivazione e alla preparazione. Centrale è una formazione di genere, che metta al centro la relazione di rispetto per le donne e per la loro libertà». I reati? «Liti, diverbi, che cerchiamo di ricomporre con il dialogo e nella Casa di mediazione. Anche droga. I problemi ci sono, e non scompariranno per incanto. La gente che sta qui non viene dai quartieri alti. E non pensiamo di aver costruito un paradiso. Sono percorsi lenti, ma poi i risultati perdurano. Il socialismo in cui crediamo è basato sul consenso».

Da un balcone, un ragazzino con la maglietta rossa ci saluta a pugno chiuso. E’ uno dei piccoli campioni di judo – ci spiega Gregorio Antonio, un istruttore che prima viveva nelle baracche e ora si dedica a «fabbricare» atleti, per aumentare «la generazione d’oro» che negli ultimi anni ha fatto onore alle grandi risorse investite dal governo nello sport e nella cultura: oltre il 60% delle entrate del Venezuela è dedicato ai progetti sociali. A Ciudad Caribia c’è anche un sistema d’orchestra, in linea con quello che ha reso il «sistema Abreu» famoso in tutto il mondo.

In un paese che custodisce le più grandi riserve di petrolio al mondo ma che è ancora troppo dipendente dalla rendita che ne deriva, Ciudad Caribia «punta sull’autonomia produttiva». Spiega Xiomara Alfaro: «Abbiamo studiato le potenzialità della zona, è una zona montagnosa con un buon potenziale turistico, agricolo, anche industriale, stiamo promuovendo i saperi locali. Tutto il progetto è volto all’ecologico, allo sviluppo delle energie alternative e regolato in base all’economia comunale. Abbiamo un mercato locale e un Pdval, un centro di distribuzione dei prodotti».

Il Venezuela ha un quadro di leggi che da spazio al mutualismo, al «potere popolare» e allo sviluppo delle comuni, basate sui consigli comunali che decidono la ripartizione e l’impiego delle risorse. «I consigli comunali – spiega ancora Xiomara – discutono con l’Autorità unica e con le diverse equipe, che hanno una funzione di accompagnamento e non di comando. L’obiettivo è che le comunità imparino a governare le politiche pubbliche, che discutano e risolvano i problemi insieme, che imparino a riconoscersi e a mettere le energie al servizio dello sviluppo collettivo. Di volta in volta si decide la distribuzione degli incarichi per i vari settori. Abbiamo 8 consigli comunali e 8 poligonali per la distribuzione degli alimenti».

A Ciudad Caribia – dice Margarita, che torna dall’università – «siamo chavisti al 98,7% perché la rivoluzione ci ha dato dignità e possibilità. Tuttavia, non vi sono preclusioni, anche chi è d’opposizione può venire: a condizione di non voler imporre le proprie idee con la violenza, e di rispettare lo spazio altrui. La prima sfida che abbiamo dovuto affrontare, qui, è stata quella di imparare a convivere».

Alle ultime elezioni parlamentari, anche fra i 2.500 votanti di Ciudad Caribia c’è stato chi ha scelto le destre, che hanno ottenuto un’ampia maggioranza e promettono di cancellare tutti i progetti sociali sviluppati dal chavismo in quasi 17 anni.

Che ne sarà di Ciudad Caribia?

Xiomara Alfaro è preoccupata ma non ha dubbi: «La rivoluzione – afferma – non è a rischio. Un popolo che prima aveva fame e non sapeva leggere, non lascerà che tutto si spenga. Quando le parti si ribaltano, bisogna assumere la sfida con più forza. Ora la parola è al parlamento comunale». Margarita fa un gesto circolare in direzione del ritmo che arriva dalle finestre: «… E alla musica – dice – che può trasformare l’essere umano».