C’è «Io brontolo», c’è «Virgi sei peggio della grandine», c’è chi cita Rino Gaetano «Nun te Raggi più», chi Cicerone «Quousque tandem abutere, Virginia, patientia nostra». La Roma civica è sfinita: dalle buche, dalla ’monnezza’, dagli autobus che non passano, da quelli che vanno a fuoco. Ma non perde la sua verve da Pasquino. Ieri mattina in migliaia sono arrivati al Campidoglio al grido «Roma dice basta». 10mila per l’organizzazione, di sicuro per un paio d’ore la Cordonata e piazza del Campidoglio si sono riempite di romani stanchi di guerra alle voragini e forse anche di Cinquestelle.

L’appuntamento era circolato solo sui social, dal gruppo facebook «Tutti per Roma, Roma per tutti» promosso da sei donne – Emma Amiconi, Tatiana Campioni, Francesca Barzini, Valeria Grilli, Roberta Bernabei e Martina Cardelli. In un attimo ha raggiunto quota 20mila iscritti. Il resto l’hanno fatto le chat delle mamme delle scuole, i «comitati e comitatini» (copyright Renzi, che però lo diceva con disprezzo) che tutti i giorni si riuniscono ramazza alla mano per pulire il parchetto sotto casa. Alla fine è arrivata una fiumana, niente «sigle e bandiere di partiti perché il sit in è un’iniziativa civica». Tutti con una foto in mano: quella del cassonetto davanti al portone, traboccante schifezze (che, va detto, il vicino di casa avrebbe fatto meglio a depositare nel cassonetto più avanti). Dress code: i ritagli di rete arancione da cantiere, simbolo del disfacimento della Capitale, quella che spunta ovunque soprattutto per delimitare le buche che si aprono nelle strade, e evitare lo sprofondo. Ognuno ne ha un pezzo addosso, in molti hanno messo un’asta e ne hanno fatto una bandiera.

«Dimissioni, dimissioni» rimbalza da tutti i lati del Marco Aurelio. Certo, al Campidoglio non arriva la Roma delle periferie – non ce la farebbe comunque, anche volendo, il traffico è impazzito e more solito non si trovano taxi – ma arriva un po’ di tutto. C’è l’ex ministra Lorenzin, l’ex ministro Calenda al braccio della mamma, la regista Cristina Comencini. Clementina Cordero di Montezemolo, Michael Martone, il viceministro di Monti, quello dei ’bamboccioni’. Da Monteverde vecchio il tram numero 8 scarica a piazza Venezia piccoli cortei di indignati ma non troppo. Si fa largo una signora tricolorata tendenza «prima gli italiani». Alla fine Giorgia Meloni e Forza Italia cercheranno di intestarsi la loro fettina di gloria.

Ma per la stragrande maggioranza la piazza è affollata di elettori democratici. Quelli del famigerato «Pd Ztl» (zona a traffico limitato, il centro), anche se i renziani più noti si sono tenuti alla larga. Ma ci sono anche gli ’altri’ democratici. C’è Emilia La Nave, ex attivista pro sindaco Marino,ha l’aria di chi dice: «Ve l’avevo detto io». C’è Riccardo Magi di Radicali italiani, con le spillette del referendum dell’11 novembre, quello per la messa a gara della gestione dell’Atac. Con lui c’è la finta Raggi – l’attrice Giulia Maulucci – strepitosa, snocciola il Raggi pensiero: «Noi badiamo ai fatti, vi ho dato una piscina davanti alla Piramide e questo è un fatto» . C’è Amedeo Ciaccheri, presidente dell’ottavo municipio, che poi va alla manifestazione di San Lorenzo. C’è Paolo Cento, di Leu, parla dell’inizio della «riscossa civica della Capitale», «Un atto di accusa alla gestione Raggi ma anche un monito alle opposizioni. Ora ci vuole un progetto per rimettere in campo una proposta alternativa».

E siamo al punto. Le organizzatrici promettono che «andranno avanti». Il 10 novembre arriverà la sentenza nel processo in cui la sindaca è imputata di falso. Se fosse condannata lo statuto di M5S imporrebbe le dimissioni. L’eventualità atterrisce l’opposizione dem. Il Pd brancola nel buio, i 5 stelle vagheggiano il ritorno di Di Battista. Ma la Lega scalda i muscoli: prepara l’avvocata ministra Bongiorno, o la sorella d’Italia Giorgia Meloni.

Raggi tace a lungo, ma poi butta fuori uno sfogo su facebook: non erano cittadini quelli al Campidoglio, era «la vecchia guardia del Pd», «Hanno nascosto le bandiere, forse perché ormai gli stessi sostenitori del Pd hanno un certo imbarazzo a dire che sono del Pd» e qui c’è del vero. Poi prosegue in un crescendo di insulti: «Orfani di mafia Capitale», «Radical chic», «Pseudo intellettuali che non hanno mai preso un autobus in vita loro», «Noi stiamo portando avanti un cambiamento, epocale», «Abbiamo ereditato macerie e stiamo costruendo su queste», ora «Avanti a testa alta». Sono le battute della sua imitatrice. E invece è la vera Virginia Raggi. E stavolta c’è davvero poco da ridere.