C’è riuscita alla fine la Corte di Cassazione a portare la legge elettorale davanti ai giudici costituzionali. E così al quinto tentativo – due davanti alla giustizia amministrativa, due davanti a quella civile, tutti condotti dal 2007 dall’avvocato Aldo Bozzi in rappresentanza di un gruppo di 27 elettori milanesi regolarmente ignorati dai politici con la mezza eccezione, una volta, di Arturo Parisi – un giudice ha messo nero su bianco quella che è da anni convinzione radicata nei giuristi. I dubbi di costituzionalità del Porcellum non sono «manifestamente infondati», tutt’altro, deve essere la Consulta a dire una parola definitiva. La dirà? Non è certo. Perché i tempi dei giudici costituzionali sono tanto lunghi che persino il parlamento, da otto anni incapace di correggere la «porcata» firmata da Calderoli (e Casini e Berlusconi), potrebbe modificare prima la legge, nei punti più scabrosi. O anche solo avviare una modifica, consigliando ugualmente ai giudici della Consulta di fermarsi.

Non solo, c’è ancora da superare lo scoglio dell’ammissibilità: la Corte potrebbe decidere di non entrare nel merito delle valutazioni espresse dalla Cassazione. Che sono «molto rigorose e molto forti» come dice l’avvocato Bozzi, giustamente orgoglioso del punto messo a segno ieri. Ma sono anche tanto innovative da quasi introdurre nel nostro ordinamento un istituto che in Italia manca (ma è presente invece in Spagna, Germania, Austria e Belgio): il ricorso diretto dei cittadini alla Corte Costituzionale.

Che il Porcellum meriti di essere sottoposto al vaglio di costituzionalità lo ha detto in tre occasioni anche la stessa Consulta, tutte le volte cioè (sentenza 15 e 16 del 2008 e sentenza 13/2012) in cui è stata tentata la via referendaria per abbatterlo. La Corte ha ripetuto di non poter dare «un giudizio anticipato di legittimità», cioè prima che la legge elettorale le venisse sottoposta, ma ha chiesto alle camere «di considerare con attenzione gli aspetti problematici» della legge Calderoli, in particolare «l’attribuzione di un premio di maggioranza, sia alla camera dei deputati che al senato senza che sia raggiunta una soglia minima di voti e/o di seggi». Fuori dall’ufficialità delle sentenze, poi, il presidente della Consulta Franco Gallo il giudizio lo ha anticipato eccome, evidenziando in pubblico i «sospetti di incostituzionalità» della legge elettorale.

Ma per portare il Porcellum davanti alla Consulta, stante il sistema italiano in base al quale il giudizio costituzionale è «incidentale» rispetto a quello principale, Bozzi ha praticamente dovuto fare causa alla presidenza del Consiglio e al ministro dell’interno, sostenendo che il Porcellum lo ha privato del suo diritto di voto così come qualificato dalla Costituzione: personale, privato, libero e segreto. In tutte le precedenti occasioni i giudici di merito lo avevano fermato, definendo «strumentale» questa operazione, volta cioè solo a guadagnare il «passaggio» davanti alla Consulta. La prima sezione penale della Cassazione, facendo riferimento a una dottrina tanto autorevole quanto poco ripresa, ha spiegato che «l’esistenza nel nostro ordinamento di un filtro per l’accesso alla Corte Costituzionale… di certo non può tradursi in un ostacolo che precluda quell’accesso qualora si debba rimuovere un’effettiva e concreta lesione di valori costituzionali primari». Come appunto la libertà del voto.

Che si tratti di un’ordinanza assai coraggiosa lo prova il fatto che i giudici abbiano sentito l’esigenza di richiamare il discorso di Napolitano dopo la rielezione per ricordare quanto forti sono le attese di superare il Porcellum. Sta qui la politicità della pronuncia, del resto anticipata dal fatto che questa volta in Cassazione il governo (Monti) abbia rinunciato a difendere la legge elettorale, come pure avevano fatto in precedenza i ministri dell’interno attraverso l’avvocatura dello stato, sia Cancellieri che Maroni. Nell’ordinanza c’è persino la traccia di una possibile soluzione politica: quando suggerisce alla Consulta un’operazione di «cosmesi normativa» che «ripulisca» il Porcellum dalle peggiori brutture: la mancata previsione della soglia per il premio di maggioranza alla camera, la diversità dei premi di maggioranza tra camera e senato e le liste bloccate. È poco, ma forse è persino troppo rispetto a quello che il Pdl è disposto a concedere al resto della maggioranza. Mentre il Pd, o almeno la sua maggioranza preferirebbe, il ritorno al Mattarellum. Se ne occuperà il vertice tra il governo e la maggioranza di mercoledì prossimo. Molto prima della Consulta.