Ultima chiamata (almeno per questa legislatura) per la legge sulla cittadinanza dei minori figli di immigrati e per il ddl Zan contro l’omotransfobia. Enrico Letta sta rilanciando i due provvedimenti bandiera del Pd, nonostante le mille difficoltà che permangono in questo parlamento e con questa maggioranza di governo. «Forse c’è una chance perché si possa fare nei prossimi 12 mesi una nuova legge sulla cittadinanza», ha detto ieri Letta ad una agorà sull’immigrazione. «Qualcosa si sta muovendo in commissione. La settimana prossima vedremo se c’è il tempo per fare un passo avanti in questa legislatura».

La settimana prossima, infatti, il presidente della commissione Affari costituzionali della Camera Giuseppe Brescia (M5S) depositerà un testo base molto asciutto che lui ha battezzato «ius scholae» e potrebbe interessare circa un milione di minori: prevede una modifica della legge 91 del 1992 (secondo cui la cittadinanza scatta solo se si ha almeno un genitore italiano) per fare in modo che «un bambino nato in Italia o arrivato prima di avere compiuto 12 anni, nel momento in cui compie un ciclo scolastico di 5 anni, facendone richiesta, ottiene la cittadinanza italiana». Un ciclo di 5 anni che può essere composto solo dalle elementari (se superate «con profitto») o da alcuni anni di elementari e altri di medie o superiori. «Credo che questo modello possa trovare un consenso largo, anche perché mette al centro il valore della scuola: è in classe che si costruisce la cittadinanza», spiega Brescia.

Quando si arriverà a votare in commissione sul testo base, i numeri potrebbero esserci: voterebbero sì 5 stelle, Pd, sinistra e parti del gruppo misto. Anche da Italia Viva sono arrivati segnali a favore. «È molto positivo che si ricominci a discuterne», dice il responsabile immigrazione del Pd Matteo Mauri che da sottosegretario al Viminale ha lavorato per superare i decreti di Salvini sui migranti. «È una questione di civiltà che è in sintonia con la maggior parte dell’opinione pubblica. Ma siamo consapevoli delle difficoltà per la contrarietà ideologica di Lega e Fdi».

Dal centrodestra arriva subito un fuoco di sbarramento. «Letta se lo scordi, finché noi siamo al governo lo ius soli non passerà mai», dice il leghista Igor Iezzi. «Nessuna chance che passi in questa legislatura», gli fa eco Elvira Savino da Forza Italia.

Per il ddl Zan le cose sono ancora più complicate, dopo lo stop in Senato dell’ottobre 2021, con tanto di ovazioni a destra. E tuttavia anche per la legge contro l’omofobia si apre uno spiraglio: dal 27 aprile infatti, passati sei mesi dalla tagliola, il testo potrà tornare nella commissione giustizia del Senato. Dove rischia però di essere sottoposto a nuove forme di ostruzionismo, come era accaduto l’anno scorso, vista anche la contrarietà del presidente della commissione, il leghista Andrea Ostellari.

Il Pd comunque non demorde e lancia 5 agorà (al grido di «Non ci arrendiamo») di qui a fine aprile sul ddl Zan: la prima sarà a Milano il 12 marzo, con Zan, Letta, Elly Schlein e Beppe Sala. Altre agorà seguiranno a Firenze, Palermo, Padova e Taranto. «Dobbiamo provarci anche nell’ultima parte della legislatura», dice Letta. «Nel 2021 secondo i dati dell’ufficio antidiscriminazioni di palazzo Chigi ci sono state 1379 aggressioni razziste, omotransfobiche, antisemite e abiliste», spiega Zan. «Porteremo in Parlamento le loro ragioni, è un dovere provare a farlo capire anche a chi ha applaudito sguaiatamente alla tagliola. Confido che una parte di chi nel segreto votò contro possa rivedere la sua posizione e cercare un punto di mediazione, senza stravolgere il testo».

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