Il tempo stringe e la strada per il referendum è sempre lastricata di buone intenzioni e promesse impossibili da mantenere. In questo caso il governo, o meglio una parte del Pd, spinge perché il Senato calendarizzi al più presto la discussione sulla riforma della cittadinanza per i figli degli immigrati nati in Italia (sono più di un milione). Un anno fa, era il 13 ottobre 2015, la Camera licenziò la proposta di riforma della legge sulla cittadinanza. Non è accaduto nulla, nemmeno è cominciata la discussione alla Commissione Affari Costituzionali. Il testo, infatti, è fermo al Senato non per colpa del bicameralismo perfetto – come vorrebbe far credere qualcuno – ma a causa degli 8 mila emendamenti presentati dalla Lega.

Doris Lo Moro, senatrice del Pd e relatrice del ddl sulla cittadinanza, ha preso un impegno: «Faccio mia la richiesta di approvare la legge entro la fine dell’anno, ma ci troviamo di fronte a un tema delicato che provoca diversi scontri». Una missione quasi impossibile. La dichiarazione cade nel giorno in cui i giovani promotori della campagna «L’Italia sono anch’io» hanno deciso di manifestare tutto il loro disagio in alcune piazze italiane (oggi, con indosso un lenzuolo bianco, organizzano flash mob a Napoli, Padova, Palermo, Reggio Emilia e Roma).

La legge, lasciano intendere, è inadeguata ma è meglio di niente. «Il ddl licenziato alla Camera – dicono – non è quello che avremmo voluto, presenta molte criticità e carenze sul tema delle naturalizzazioni, sulle misure atte a evitare la discrezionalità delle pubbliche amministrazioni nella valutazione delle singole richieste di cittadinanza, sull’introduzione della clausola del possesso da parte di uno dei genitori della Carta di lungo soggiornante, il cui rilascio è legato al reddito e alle dimensioni dell’abitazione, sulla normativa che riguarda i minori arrivati da piccoli in Italia». Detto questo, «la sua rapida approvazione consentirebbe che un milione di giovani di origine straniera ma italiani di fatto lo diventino anche per legge».

In teoria, sulla carta, in aula potrebbe esserci una maggioranza disposta ad approvare il provvedimento, ma si sa che prima del referendum non si muove foglia. Tanto più che il livello del confronto lo detterebbe Roberto Calderoli che ieri ha replicato con parole inequivocabili, da sommare ad alcune farneticazioni sulle periferie ghetto di Bruxelles: «Continuerò a bloccare una legge pessima che il Pd sta cercando di far approvare solo per meri interessi elettorali di bottega».

Se così stanno le cose, bisognerà vedere se il Pd avrà il coraggio di aprire un scontro politico su una materia così delicata. «Ad ogni modo – ha precisato Lo Moro – non voglio essere relatore di un provvedimento che resta impantanato e userò tutti gli strumenti a mia disposizione per farlo passare». Mancano settantanove giorni alla fine dell’anno.