Nella conferenza stampa di Vladimir Putin a Pechino si è parlato ben poco del vertice sulla Via della Seta a cui la Russia comunque guarda con grande interesse per le prospettive che garantirà alla sua economia nei prossimi decenni. Le domande dei giornalisti al capo del Cremlino si sono concentrate sulla questione dei rapporti con l’Ucraina. Putin non ha tradito le aspettative fornendo un nuovo scoop: «La Russia è pronta a dare la doppia cittadinanza non solo agli abitanti di Repubbliche di Donetsk e Lugansk, ma a tutti gli ucraini che ne facciano richiesta» ha detto. Una mossa di cui si vociferava già da 24 ore a Mosca e che alza ancor di più l’asticella dello scontro con Kiev.

Il nuovo decreto di Putin ha due obiettivi. Favorire l’assimilazione di buon a parte dei 3 milioni migranti del Tridente in Russia, linfa vitale per contrastare la crisi demografica del paese e creare una testa di ponte filo-russo nel cuore dell’Ucraina. È stato chiesto al capo del Cremlino se una simile integrazione può essere sopportata dallo welfare state russo. Qui Putin non ha voluto sbilanciarsi: «Visto che le pensioni ucraine sono di 6000 rubli, siamo in grado di garantirle». La ragioneria dello Stato russo, sostiene il moscovita Vedomosti starebbe pensando però a un doppio standard in cui ai nuovi cittadini russo-ucraino sarebbe garantito uno Stato sociale più limitato di quello degli autoctoni. Dettagli non da poco visto che il motivo principale dell’innalzamento dell’età pensionabile di quest’estate era stato giustificato con il deficit di bilancio.
Mentre scoppiava questa bufera, il neoeletto presidente ucraino Volodomyr Zelensky ha deciso di prendersi una (breve) vacanza in Turchia. Il suo staff ha ripetuto che «quelle di Putin sono solo delle provocazioni di chi pensa di essere alla testa di una forza di occupazione». I consiglieri di Zelensky hanno affermato che il «presidente è pronto a incontrare anche a breve Putin, ma alle sue condizioni». Putin sornione ha replicato dalla Cina: «Credo che il maggiore ostacolo sia quello di concedere un’amnistia per i combattenti del Donbass. Ma per quanto ho capito su questo Zelensky non è d’accordo».

La porta stretta della trattativa resta quella in cui possa giungere a una mediazione tra un’identità nazionale ucraina ormai cristallizzatasi e un nuovo modus vivendi a cui aspirano la maggioranza dei cittadini di entrambi gli Stati.

Intanto proprio da Lugansk, una delle capitali delle «repubbliche ribelli» arriva la notizia di un’altra tragedia operaia. Sono morti i 17 minatori che erano rimasti intrappolati nelle viscere della terra ieri. 17 «Musi neri» che ogni giorno rischiavano la vita per poco più di 400 euro al mese.