La gentrificazione è ormai al centro di una certa letteratura urbanistica, almeno di quella che scova, dietro le forme esteriori che assume di volta in volta la città, il nodo delle sue relazioni umane, della sua morfologia sociale.

E’ un fatto relativamente nuovo in Italia: introdotta nel dibattito scientifico nel 1964 dalla sociologa Ruth Glass, il fenomeno in questione è sempre stato appannaggio della ricerca sociale anglosassone. I motivi sono d’altronde evidenti: è in talune città americane e inglesi che la gentrificazione si presenta, da decenni, come fatto compiuto.

C’è anche un altro fattore che ha favorito la curiosità anglosassone, a differenza di quella, ad esempio, italiana: il ritorno nei centri storici delle classi benestanti.

A differenza del contesto europeo continentale, in Inghilterra e negli Usa la polarizzazione urbana appariva ribaltata: al centro le classi lavoratrici, nella periferia suburbana la classe media dall’alto potenziale economico. Questo almeno fino alla metà dello scorso secolo. Successivamente si assiste a un processo migratorio di ritorno: cosa si nascondeva dietro l’occupazione del centro da parte di chi ne era fuggito cinquant’anni prima?

Perché i ricchi decidono di risiedere in ex quartieri operai un tempo disprezzati, e quali le trasformazioni del tessuto urbano a seguito di questa marcia inarrestabile? Queste le domande alla base di questo Città in vendita (RedStarPress, 159 pagg. 16 euro), traduzione italiana di una ricerca di due studiosi spagnoli di questioni urbanistiche.

Il libro presenta, al netto di una visione ormai conclamata dai caratteri della gentrificazione, almeno due spunti di estremo interesse: è un libro che illustra il punto di vista spagnolo della vicenda, fatto questo che allarga l’orizzonte anglosassone prima riferito; e propone uno schema virtuoso, addirittura educativo, della gentrificazione. Secondo i due autori, «la gentrificazione rappresenta dunque, in estrema sintesi, l’appropriazione di un quartiere da parte di una gentry urbana che non lo abitava in precedenza». Sono cinque le tappe che caratterizzano i processi classici di gentrificazione, secondo gli autori: il «bombardamento della città», ovvero l’abbandono razionale di talune zone, territori, quartieri, al più completo degrado urbano; un’operazione culturale di stigma attorno al territorio prescelto, presentato come invivibile, orribile, schifoso, indegno del resto della città.

A questo punto il cosiddetto rent gap – la differenza cioè tra valore d’acquisto e successivo valore di vendita – è al suo massimo livello: il quartiere è pronto per essere svenduto.

Subentra allora il terzo fattore, la famigerata «rigenerazione urbanistica» presentata, d’altronde, come inevitabile e “a favore” della stessa popolazione locale. Una volta avviato il processo di rigenerazione, avviene la successiva «commercializzazione» del quartiere, che assume le forme sia della sostituzione delle vecchie attività commerciali con altre più adatte allo scopo, sia una cosiddetta «brandizzazione» del quartiere stesso, marchio a sé nel panorama urbano.

Il quinto passaggio rilevato è quella delle resistenze urbane, promosse da quella parte (ormai parziale) della popolazione residente che prova a contrapporsi ai processi di rigenerazione in nome di un diritto alla città diverso dalla sua esclusivizzazione. Il risultato ultimo della gentrificazione è infatti lo svuotamento dei centri urbani: insieme alla sostituzione si determina una selezione della popolazione residente in base al reddito.

Chi non può più permettersi la vita nel quartiere rigenerato viene sempre più spinto verso la periferia, nel frattempo al centro di processi speculari di esplosione demografica ed estremo impoverimento del tessuto economico-sociale.

Eloquenti, da questo punto di vista, le parole riportate nel libro di un agente immobiliare di Madrid: «non si tratta di cacciare via nessuno. Però è vero che non tutti possono permettersi il caviale e parecchi si sentono intrusi all’interno del proprio quartiere. Ma questa è la legge della vita».

Concludiamo allora con le parole degli stessi autori, che sintetizzano bene il senso politico-sociale alla base dei processi di gentrificazione: «la gentrificazione offre un’immagine ampliata dei processi neoliberisti che dominano la vita sociale perché la sua avanzata combina due logiche che la definiscono: la commercializzazione di tutti gli aspetti della vita sociale e la gestione punitiva delle sue conseguenze sociali».