Héctor Sarmiento, Jorge Martínez Olivo e Miguel Arteaga sono tre studenti uccisi a colpi di pistola, per strada. Un quarto è in ospedale in gravi condizioni, un quinto è stato fermato perché trovato in possesso di una pistola e poi rilasciato. Succede a Città del Messico, martedì 3 aprile, nella delegazione Gustavo A. Madera, a nord della capitale, vicino alla basilica della Vergine di Guadalupe.

La vicenda è oscura, oltre il nero della cronoca in cui inizialmente è stata relegata. I morti sono studenti dell’Università Autónoma di Città del Messico (Uacm), due 27enni e un 25enne. Il ferito ha 32 anni.

Alle 23.30 del 3 aprile i quattro studenti sono stati fermati da tre persone: prima sono stati aggrediti verbalmente, poi fisicamente, e quindi uccisi. Due sono morti sul colpo. A stretto giro è stato fermato un quinto studente, che aveva nello zaino una pistola. Ma il calibro dell’arma è diverso dai proiettili trovati sui corpi degli uccisi. È stato quindi interrogato come unico testimone.

Le prime indiscrezioni della Procura Generale di Giustizia dicono che «tutte le piste investigative restano aperte, non scartiamo neppure che il tutto sia nato da una tentata rapina». Però più di una persona, in città, pensa che si tratti di uno dei tanti tasselli nel muro dell’ingiustizia messicana che genera paura e violenza come forma di governo e controllo dei territori. Una sorta di accelerazione di strategia della tensione pre-elettorale.

Il rettore della Uacm ha convocato una conferenza stampa venerdì richiamando le autorità delle diverse università pubbliche e private della capitale a costituirsi in un fronte comune contro «l’onda di violenza che cresce in città» che attacca studenti, studentesse e istituzioni dell’educazione superiore.

«Il problema della sicurezza oltrepassa tutti i programmi che abbiamo stabilito con il governo della città e richiede un’azione più ampia e urgente. Il coordinamento delle università è fondamentale, per cercare di essere un argine alle situazioni di violenza. Insieme possiamo fare molto in termini di presenza politica e di fronte alle autorità cittadine».

Parole giudicate insufficienti da molti studenti e studentesse. Collettivi studenteschi hanno prima interrotto la conferenza stampa del rettore e poi si sono mossi in corteo verso la Procura Generale di Giustizia.

La Uacm ha una forte presenza di studenti, studentesse e insegnanti impegnati politicamente. Tanto che a giugno la stessa istituzione universitaria ha deciso di dichiararsi «università santuario» così da accogliere deportati, migranti, espatriati e rifiugiati di ogni nazionalità. E lo scorso maggio Belén Montserrat, studentessa dell’università, è entrata nel conto delle desaparecidas.

In un paese dove la vita umana vale sempre meno e pare messa in vendita per nulla, resta poco credibile che un triplice omicidio di studenti di una delle università più combattive del Messico possa essere compiuto semplicemente per rubare un telefono.