Un giovane, Mahmoud Nakhleh, è stato ucciso ieri a Jalazun e altre decine di palestinesi sono stati feriti (un ragazzo è grave) dai soldati israeliani in una giornata che ha visto tutta la Cisgiordania teatro di proteste e manifestazioni palestinesi contro l’occupazione. Ferito seriamente anche un soldato, colpito alla testa con una pietra da un palestinese. L’atmosfera è rovente dopo le uccisioni di quattro palestinesi e due militari avvenute tra mercoledì e giovedì. L’esercito israeliano continua a circondare Ramallah. Nella città che ospita il quartier generale dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) di Abu Mazen, si sarebbe nascosto l’autore dell’agguato nei pressi della colonia di Ofra in cui sono morti i due soldati. Proseguono incessanti intanto le retate di militanti veri o presunti di Hamas. In manette sono finiti anche due parlamentari del movimento islamico. Ad approfittare del clima di tensione sono i coloni israeliani insediati in Cisgiordania. Le frange più estreme hanno bloccato strade e preso a sassate le automobili palestinesi di passaggio. Altri, con alcuni caravan, sono tornati dove sorgeva l’avamposto coloniale di Amona – costruito su terreni privati palestinesi e sgomberato nel 2017 – con l’intenzione di riportarlo in vita. Un passo che segue l’annuncio fatto l’altra sera dal premier Netanyahu a favore della legalizzazione in tempi stretti di circa 2000 alloggi costruiti in insediamenti e avamposti coloniali in violazione delle stesse leggi israeliane.

L’esercito ha passato al setaccio Abu Dis, i campi profughi di Aida e Qalandiya, Idhna, Yatta, Dhahiriyya, Nablus, Beita e molte altre località nei distretti di Ramallah, Betlemme ed Hebron. I soldati israeliani sono entrati e usciti dalle aree autonome palestinesi ma le forze di sicurezza dell’Anp non hanno mosso un passo. Sono intervenute invece per disperdere le manifestazioni di protesta contro l’occupazione e quelle organizzate da militanti e simpatizzanti di Hamas per celebrare i 31 anni dalla fondazione del movimento islamico. La polizia agli ordini di Abu Mazen ha disperso una marcia a Hebron e un raduno di Hamas a Nablus. Ha inoltre impedito a Tulkarem una manifestazione di solidarietà davanti alla abitazione di Ashraf Naalwe, autore a inizio ottobre dell’uccisione di due israeliani nella colonia di Barkan e individuato e ammazzato due giorni fa a Nablus.

La politica di “contenimento”, così come viene chiamata, attuata dalle forze di sicurezza palestinesi è la conseguenza della decisione presa ai vertici dell’Anp di impedire una escalation. Dopo Abu Mazen anche il suo partito, Fatah, si è schierato contro nuovi scontri armati con gli israeliani. Giovedì sera il portavoce di Fatah, Osama Qawasmeh, dai microfoni di Palestine TV ha esortato i palestinesi non partecipare a una lotta violenta e di privilegiare la «resistenza popolare» all’occupazione israeliana. «La preoccupazione del presidente Abu Mazen è che una escalation faccia solo gli interessi di Hamas a danno della stabilità dell’Anp» ci diceva ieri una fonte di Fatah. L’Anp teme che la rabbia dei palestinesi contro Israele finisca per travolgerla a vantaggio dei rivali islamisti. Quindi non cessa la cooperazione di sicurezza con l’esercito israeliano nonostante la maggioranza dei palestinesi ne chieda l’interruzione immediata.

Da parte sua Hamas, che ha rivendicato alcuni degli ultimi attacchi armati, tira la corda ma bada a spezzarla. Il movimento islamico flette i muscoli in Cisgiordania, dimostra di essere presente e forte anche lì, ma non spinge fino al punto da perdere il lieve allentamento del blocco di Gaza che ha appena ottenuto, grazie ai fondi del Qatar e all’intervento di Doha sulle autorità israeliane. Perciò resta impegnato a contenere la Grande Marcia del Ritorno per non innescare la reazione del governo Netanyahu. Anche ieri lungo le linee tra Gaza e Israele si sono radunate alcune migliaia di palestinesi ma si sono tenute a distanza dalle barriere di demarcazione. Il bilancio degli spari dei soldati israeliani sui dimostranti è stato “solo” di 72 feriti.