Hebron e la Cisgiordania meridionale. È questa l’area dove si espande giorno dopo giorno la nuova Intifada. Non sorprende perchè questa parte dei Territori occupati è quella che da anni vede tensioni quotidiane tra coloni israeliani e palestinesi. Raid dei settler nei villaggi palestinesi, lanci di pietre contro le auto israeliane, proteste contro il Muro e molto altro che i media trascurano e che invece rappresentano il contesto nel quale si svolge questa progressiva escalation dell’Intifada di Gerusalemme cominciata a inizio ottobre. Ieri mattina Oday Masalma, 24 anni, è stato ucciso da un proiettile che l’ha colpito alla testa mentre nel suo villaggio a sud di Hebron, Beit Awa, i dimostranti palestinesi affrontavano i militari israeliani. Masalma, dice l’Esercito, si sarebbe scagliato contro un soldato ferendolo leggermente con un coltello, prima di essere ucciso dai militari presenti. Per i palestinesi Masalma è stato colpito mentre partecipava alla dimostrazione. Poco dopo a Fawar, a non molti chilometri da Beit Awa, in circostanze che ieri sera apparivano ancora poco chiare, Asher Hasno, un israeliano 55enne residente nella colonia ebraica di Kiryat Arba, alle porte di Hebron, è stato travolto e ucciso da un autocarro palestinese. L’uomo è stato investito in pieno quando è sceso dall’auto presa di mira dai lanci di pietre di giovani palestinesi. Per il movimento dei coloni non ci sono dubbi: Hasno è stato travolto intenzionalmente. E così pensano le autorità israeliane. Il camionista però si è consegnato alla polizia palestinese sostenendo di non essere riuscito ad evitare Hasno, quindi dell’incidente stradale. Un altro investimento è avvenuto nel pomeriggio nei pressi dello svincolo stradale delle colonie del blocco di Etzion, dove un giovane colono e un soldato sono stati feriti da un furgoncino guidato da un giovane di Beit Ula, Hamza al Imla, subito ucciso da colpi sparati da militari presenti. Uscito dall’auto, dicono gli israeliani, il palestinese avrebbe tentato di accoltellare i feriti ma è stato abbattuto con numerosi colpi. Tuttavia le immagini, non complete, dell’accaduto circolate in rete mostrano che il palestinese è stato colpito subito, appena uscito dall’autovettura. In serata altri due palestinesi uccisi, sempre a Hebron. Anche in questo caso gli israeliani hanno riferito di tentativi di accoltellamento.

 

È lo stesso film, che va avanti da giorni: con gli israeliani riferiscono di aggressioni fermate grazie al fuoco immediato di polizia ed esercito, o di civili e coloni armati, e i palestinesi che denunciano il “grilletto facile” degli israeliani che farebbero fuoco per uccidere anche quando le circostanze vorrebbero a una reazione meno letale. E sui media internazionali la cronaca ha sempre il sopravvento sull’approfondimento di cosa e perchè sta accadendo e se esiste una alternativa politica credibile. Tutto è riferito senza un contesto, come se questo conflitto fosse cominciato all’improvviso qualche settimana fa e non fosse il risultato di un rapporto insostenibile tra occupante e occupati. E Gaza è sempre più coinvolta. Ieri Ahmad al Sarh è diventato il 13esimo palestinese di Gaza ad essere ucciso dai soldati israeliani nelle ultime due settimane durante una manifestazione a ridosso del confine. Almeno altri 20 dimostranti sono stati feriti, 11 dei quali da proiettili veri. Hamas intanto continua a muoversi su di una linea di incertezza. Da un lato lancia appelli ad intensificare l’Intifada e a compiere azioni armate, dall’altro evita accuratamente di violare il cessate il fuoco del 2014 per non innescare una massiccia reazione militare israeliana. Il movimento islamico l’Intifada la vuole ma non a Gaza bensì in Cisgiordania dove può mettere sotto pressione Israele e allo stesso tempo indebolire il rivale presidente dell’Anp Abu Mazen. Non è facile tuttavia valutare le capacità operative in Cisgiordania di Ezzedin al Qassam, l’ala militare di Hamas. Si presumono significative ma, in ogni caso, non paragonabili a quelle a Gaza. Senza dimenticare che la cooperazione di sicurezza tra l’Anp e Israele tiene sotto pressione il movimento islamico. Nella notte tra lunedì e martedì l’esercito israeliano ha arrestato il principale leader politico di Hamas in Cisgiordania, Hassan Yusef. Uscito di prigione quattro mesi fa, avrebbe «incitato al terrorismo». Yusef è noto a livello internazionale per aver ripudiato il figlio Musab, che per dieci anni era stato una spia dei servizi segreti israeliani con il nome in codice di “Principe Verde”.

 

In attesa dei colloqui su Gerusalemme e la Spianata delle Moschee che il Segretario di stato Usa John Kerry avrà in questi giorni con Netanyahu, Abu Mazen e re Abdallah di Giordania, ieri si è svolta a sorpresa una visita di Ban Ki-moon nella Città Santa. Il Segretario generale dell’Onu ha invitato le parti alla calma e a raggiungere un accordo. Frasi scontate, dette già troppe volte, che non serviranno a modificare la situazione sul terreno e a mettere fine all’occupazione israeliana.