«Qui la ’ndrangheta non entra» è scritto nella targa affissa alla porta del palazzo del Municipio. Nulla di più falso e beffardo. Perché a queste latitudini le cosche erano padroni a casa loro. E la città se l’erano bevuta già da un pezzo.
A Cirò, tra i vigneti che danno lustro a un’intera area, la ’ndrangheta comandava senza pudore. Il giorno delle elezioni picciotti e mammasantissima furono sorpresi mentre prendevano parte ai festeggiamenti in onore di Mario Caruso, avvocato, di area centrista, riconfermato sindaco nel 2010, alla guida della lista civica Cirò grande di nuovo.
Ma di grande a Cirò c’era soprattutto l’infiltrazione delle ’ndrine. I Malena, inanzitutto. Che avevano posizionato nella giunta i loro uomini fidati. Persino il necroforo era uno di loro, quel Mario Romano nominato dal sindaco assessore allo Sport è fratello di un elemento apicale della cosca, Giuseppe Romano, imputato nel maxiprocesso Galassia, già sottoposto alla sorveglianza speciale, e condannato in passato per associazione di stampo mafioso.
Gli inquirenti sospettano gravi irregolarità nel processo elettorale e hanno monitorato l’andamento del voto seggio per seggio. Ma un dato certo è la permeabilità della città alle attività delle cosche che hanno indotto mercoledì il consiglio dei ministri a disporre lo scioglimento per ’ndrangheta del comune.
La relazione della commissione di accesso, un faldone di 300 pagine fitto e documentato, è infatti un atto d’accusa che pesa come un macigno, una pietra miliare del condizionamento di un’area un tempo sotto il regno dei potenti Farao-Marincola, sfiancati dalle inchieste e oggi in declino.
Cirò subisce dopo il 2001 nuovamente l’onta dello scioglimento per mafia. Lo scenario a tinte fosche disegna parentele sospette, appalti pilotati, una res publica a sovranità limitata. Tant’è che in via cautelare il prefetto di Crotone ha sospeso il sindaco e i consiglieri comunali dagli incarichi. In attesa della nomina del commissario che traghetterà il comune fino a nuove elezioni.
«Lasciamo una contabilità trasparente, sana e solida. La legalità è sempre stato il faro dell’azione amministrativa dal 2007 a oggi senza alcun condizionamento, i cittadini saranno i veri giudici del nostro governo», ha dichiarato Caruso, che non esclude il suo ricorso al Tar. Forse immemore dei calici di rosso in mano agli ’ndranghetisti che brindavano alla sua vittoria la notte delle elezioni.
Con il caso di Cirò salgono così a dodici le città sciolte per ’ndrangheta nel solo 2013. Una sfilza impressionante, in una regione sotto scacco della criminalità organizzata. Come dimostra il recente rapporto di Avviso Pubblico, il network di enti locali per la formazione civile contro le mafie, dal titolo «Amministratori sotto tiro» che ha quantificato in oltre un centinaio le intimidazioni e minacce a danno di amministratori locali.
E non è un caso che la prossima festa nazionale di Avviso Pubblico si svolgerà a Lamezia Terme dal 25 al 27 ottobre.