È stata una vittoria importante di Erdogan sul delicato fronte cipriota. Domenica, nel secondo turno delle elezioni, il suo candidato Ersin Tatar, un economista specializzato in finanza, è emerso con il 51,74% dei voti come leader della comunità turco- cipriota dell’isola. Il leader uscente Mustafa Akinci non ce l’ha fatta, ottenendo solo il 48,26% dei voti, malgrado il sostegno che ha avuto dal Partito Repubblicano, che raggruppa la sinistra turco-cipriota.

Nel periodo preelettorale Erdogan è più volte intervenuto con appelli di aperto sostegno a Tatar. Parallelamente, si sono attivate anche le forze armate turche che stazionano permanentemente sulla parte settentrionale dell’isola, e le molte decine di migliaia di coloni turchi, molti dei quali hanno ottenuto la «cittadinanza» turco-cipriota, che al primo turno non si erano recati alle urne ed il cui voto è costantemente orientato verso l’estrema destra nazionalista.

Ma l’ingerenza di Ankara più grave si è avuta con l’apertura della striscia costiera della città fantasma di Famagosta, decisa da Erdogan proprio all’inizio della campagna elettorale. I due candidati si sono scontrati su questo colpo di mano di Ankara, con Akinci che protestava per l’ennesima violazione delle risoluzioni Onu e Tatar che prometteva di distribuire ai suoi grandi elettori gli impianti turistici di Famagosta, una volta inglobata la città (ora deserta) nella cosiddetta «Repubblica Turco-cipriota», non riconosciuta da alcuno stato eccetto la Turchia. Il presidente della Repubblica di Cipro (stato membro dell’Unione Europea) Nikos Anastasiades ha subito inviato un messaggio di congratulazioni a Tatar e un invito a incontrarsi presto, al fine di avviare un nuovo giro alle interminabili trattative per la riunificazione dell’isola.

Con Akinci si erano fatti molti passi in avanti in questo negoziato. Il precedente leader aveva voluto esprimere pienamente il desiderio della comunità turco-cipriota di sganciarsi dall’oppressiva «tutela» e «protezione» di Ankara e preservare l’identità cipriota accanto alla comunità greca dentro l’Ue. Aveva quindi dato battaglia sul futuro assetto istituzionale di Cipro dopo l’unificazione, promuovendo un modello federale. Battaglia resa vana dalla dichiarata volontà del governo turco di non voler fare alcun passo indietro da quanto ottenuto con l’invasione dell’estate del 1974: la nuova Cipro riunificata o dovrà subire una importante presenza militare turca oppure dovrà riconoscere il diritto di Ankara di intervenire, anche militarmente, in ogni momento.

Questa è la piattaforma su cui si vuole muovere anche Tatar. che non ha escluso un nuovo giro di negoziati con la comunità greco-cipriota ma ha insistito sulla «validità» del vecchio modello costituzionale imposto dagli ex dominatori britannici sulla nascente Repubblica di Cipro nel lontano 1960. Un modello fallimentare che ha portato a scontri tra la maggioranza greca e la minoranza turca ed infine all’invasione dell’esercito di Ankara.

Ma a Cipro tutti si dichiarano convinti che il fine ultimo del nuovo leader turco-cipriota non è la riunificazione ma la definitiva spartizione dell’isola in due stati. La vittoria dell’uomo di Ankara, infine, trova la Repubblica di Cipro in mezzo a una grave crisi istituzionale:secondo rivelazioni giornalistiche, le autorità dell’isola avrebbero concesso cittadinanza e passaporto a personaggi ricercati da Interpol, si è già dimesso il presidente del Parlamento Dimitris Syllouris (destra) e un deputato del partito comunista AKEL. Le indagini però hanno toccato anche l’ambiente del presidente Anastasiades.