A Cipro, ad aggiungere confusione a una situazione già estremamente difficile, ieri si è dimesso Andreas Artemis, il presidente della Bank of Cyprus, la più grande del paese, che dovrà essere ristrutturata e assorbire parte della Laiki Bank, la seconda per importanza, che verrà smantellata. Al suo posto è stato nominato un amministratore giudiziario, Dinos Christofides, che dovrà realizzare senza troppi intoppi il trasferimento dei depositi della Laiki sotto i 100mila euro alla Bank of Cyprus.

I più grossi depositi di questa banca in fallimento, invece, subiranno un hair cut intorno al 40%, perdita che ci sarà anche per i clienti delle altre banche. Gli sportelli, chiusi dal 16 marzo, dovrebbero riaprire domani. I movimenti di capitali saranno messi sotto controllo, per impedire fughe, con un blocco «molto temporaneo» per il presidente Nicos Anastasiades, «questione di settimane» secondo il ministro delle finanze, Michail Sarris. 

Le Borse europee hanno chiuso, in media, con un leggero rialzo, dopo la reazione negativa di lunedì. A gettare acqua sul fuoco è stata ieri la Bce. La Banca centrale, che ha gestito di fatto l’uscita formale dalla crisi evitando l’espulsione di Cipro dall’euro e il fallimento di tutto il paese, ha cercato di rettificare le affermazioni un po’ troppo dirette del presidente dell’Eurogruppo, il ministro delle finanze socialdemocratico olandese Jeroen Dijsselbloem.

Lunedì Dijsselbloem aveva rischiato di creare un panico generalizzato nei paesi a rischio affermando che il salvataggio di Cipro era ormai un «modello» per la zona euro. In sostanza, per il presidente dell’Eurogruppo ormai è chiaro che, in caso di problemi, a pagare non saranno solo i contribuenti, ma anche – e soprattutto – i correntisti, gli azionisti e i creditori a vario titolo delle banche (per non parlare dei cittadini, che pagheranno in termini di disoccupazione e qualità della vita, ma questo non è preso in conto da nessuno).

Dijsselbloem si è poi corretto un po’, precisando che «Cipro è un caso specifico», ma ha comunque ribadito che «il rischio ha un prezzo». Per Benoît Coeuré, membro del direttivo Bce, «Dijsselbloem ha avuto torto a dire quello che ha detto», perché Cipro è un caso unico, «non è un modello poiché nessun paese presenta un’eguale concentrazione di problemi».

Le autorità europee, comunque, continuano a preparare l’Unione bancaria.

L’Eurogruppo sta riflettendo sulla creazione di un fondo di aiuti con fondi del settore finanziario. Bruxelles soprattutto si prepara ad affrontare i prossimi problemi nel settore bancario: c’è il caso della Slovenia, che potrebbe essere l’epicentro della prossima esplosione, c’è Malta e, in prospettiva, se si guarda all’eccessiva importanza del settore bancario rispetto al pil, il Lussemburgo. Anche la City è sovradimensionata.

Nella lista dei paesi a rischio ci sono anche quelli troppo indebitati, Italia compresa.

I russi invece, che hanno molti investimenti nelle banche di Cipro, dopo aver fatto la voce grossa adesso cercano di limitare i danni. Sarebbe nelle loro mani una buona parte dei 38 miliardi versati in depositi sopra i 100mila euro e la Laiki Bank era la loro banca preferita. Mosca per ora si è limitata a promettere di cancellare il 10% del prestito di 2,5 miliardi fatto a Cipro nel 2011.