Nell’ultima settimana una serie di sparizioni sospette ha messo in allarme la società civile pakistana, al centro di un’azione repressiva che sembra avere come obiettivi tutte le voci critiche verso l’operato delle forze di sicurezza nazionali nelle zone più turbolente del paese.

Tra il 4 e l’11 gennaio si sono perse le tracce di cinque attivisti pakistani che, recentemente, si erano esposti in prima persona per denunciare, violenze, sparizioni, sequestri, omicidi extra giudiziali e dislocamenti di massa in Beluchistan. La regione da anni è al centro di operazioni militari spesso condotte in spregio delle leggi internazionali in materia di diritti umani da parte dell’esercito regolare di Islamabad.

Salman Haider, poeta e professore universitario, è sparito a Islamabad venerdì 6 gennaio. Due giorni prima i parenti di Waqas Goraya, blogger, e di suo cugino Asim Saeed avevano denunciato la scomparsa dei due a Lahore. Non si hanno più notizie di Ahmed Raza Naseer, blogger affetto da poliomelite, visto l’ultima volta nei pressi di Lahore sabato 7 gennaio, né di Samer Abbas, attivista e presidente della Civil Progressive Alliance Pakistan (ong pachistana impegnata nella lotta contro gli estremismi, il terrorismo e le violenze dell’esercito), sparito mercoledì 11 gennaio a Karachi.

I dettagli delle sparizioni destano sospetti su un’operazione evidentemente pianificata dall’alto. Saeed, ad esempio, era appena rientrato in patria dopo un periodo di lavoro a Singapore, mentre Goraya, residente nei Paesi Bassi, era tornato a visitare i parenti da pochi giorni. Entrambi, indica il Guardian, animavano la pagina Facebook Mochi, che ospita contenuti di denuncia di corruzione nelle fila dell’esercito pakistano e della repressione operata contro gruppi politici invisi alle forze dell’ordine.

La moglie di Haider ha rivelato alla stampa di aver ricevuto un sms sospetto da parte del marito proprio la notte della sua sparizione: la avvertiva di aver abbandonato la propria auto sulla superstrada che collega Islamabad a Rawalpindi, la sede del quartier generale dell’esercito e dei servizi segreti pakistani.

Da giorni i partiti dell’opposizione e gruppi della società civile protestano di fronte alle sedi locali dei «press club» di Islamabad, Karachi e Lahore, denunciando l’inazione del governo di fronte alla sparizione di chi criticava l’operato dell’esercito.

Il ministro degli interni pakistano Chaudhry Nisar Ali Khan, di fronte al senato federale, ha dichiarato che il governo si sta impegnando nelle ricerche degli attivisti spariti e che le operazioni sono sotto la sua diretta supervisione.

La Human Rights Commission of Pakistan, in un comunicato, ha dichiarato che «gli eventi della scorsa settimana dimostrano che i pericoli (di violazioni della libertà d’espressione, ndr) si estendono già anche agli spazi digitali», mentre il quotidiano pakistano Dawn mette in guardia sull’inizio di «un nuovo capitolo nella guerra torbida e illegale dichiarata dallo stato contro la società civile».