Cinque giovani studenti della Striscia di Gaza diretti in Arabia Saudita e in alcuni Paesi europei, sono bloccati da circa un mese nell’aeroporto internazionale del Cairo, senza alcuna prospettiva di raggiungere le loro destinazioni. Le autorità egiziane non li lasciano partire perchè sono scaduti i loro visti di soggiorno nei Paesi dove studiano.

Ma non è un intoppo burocratico che li tiene fermi in aeroporto, è un problema politico.

I permessi sono scaduti perchè l’Egitto apre solo occasionalmente il valico di Rafah con Gaza, impedendo ai palestinesi della Striscia di partire nei periodi coperti dai visti. Un disastro per studenti e anche per gli uomini d’affari, che si aggiunge a quello degli ammalati gravi di Gaza che spesso rimangono in attesa per mesi prima di entrare in territorio egiziano.

I cinque bloccati, riferiva ieri il sito Maannews, hanno chiesto invano l’intervento dell’ambasciatore palestinese al Cairo, Jamal al Shubki. Non è la prima volta che accade. La scorsa estate, durante l’offensiva israeliana “Margine Protettivo” contro Gaza, le autorità egiziane diedero il loro “contributo” bloccando per tre settimane, sempre all’aeroporto del Cairo, un centinaio di palestinesi della Striscia che dovevano rinnovare i visti di soggiorno in Paesi arabi e occidentali.

Nei quasi due mesi di offensiva israeliana, Rafah fu aperto solo per cinque giorni e per un numero limitato di persone, impedendo ai civili palestinesi di trovare in territorio egiziano scampo alle bombe. I centri per i diritti umani hanno ripetutamente condannato la politica egiziana nei confronti di Gaza. Il Cairo parla di “misure di sicurezza” ma in realtà punisce il movimento islamico Hamas, parte dei “fuorilegge” Fratelli Musulmani, che controlla Gaza dal 2007, e con esso tutti i civili della Striscia.

Intanto il quotidiano di Tel Aviv Haaretz sminuisce la portata delle misure di “alleggerimento” del blocco di Gaza approvate di recente dall’esercito israeliano. La nota giornalista Amira Hass ritiene quelle decisioni non destinate ad alleviare la disoccupazione e a rilanciare l’economia di Gaza. Secondo Hass, nella migliore delle ipotesi, a trarre beneficio da queste misure saranno non più di 100 mila palestinesi mentre un altro milione e 700mila