La ministra dell’Istruzione Lucia Azzolina ha rilanciato ieri l’intenzione del governo di assegnare alle scuole, in particolare all’infanzia e alle primarie, 50 mila posti in più tra docenti (40 mila) e personale Ata (10 mila). Dopo un incontro con le regioni, al quale ha partecipato anche la ministra delle infrastrutture e trasporti Paola De Micheli, ieri Azzolina ha firmato l’ordinanza che stabilisce i criteri della ripartizione di 977 milioni di euro che andranno per il 50% alle scuole in base al numero degli alunni presenti sul territorio e per il 50% agli uffici scolastici regionali che ne hanno fatto richiesta. Da quello della Campania sarebbero già arrivate 19mila richieste di insegnanti, 8mila da Lombardia e Lazio, più di 8mila dal Piemonte e dalla Toscana.

COME GIÀ RILEVATO su Il Manifesto il 27 giugno scorso, all’indomani di una conferenza stampa con il presidente del Consiglio Conte, anche ieri Azzolina ha continuato a presentare questa operazione finalizzata alla creazione di un organico di emergenza come qualcosa di strutturale. La prova, ha detto, della volontà di «superare quelle norme, nate in epoca di tagli feroci alla scuola, che hanno portato al sovraffollamento delle classi». Una più accurata ricostruzione dei fatti dimostra il contrario.

GLI OLTRE 50 MILA precari saranno più precari di quelli che di solito tengono in piedi a scuola italiana. È stato infatti previsto da una norma contenuta nel «decreto rilancio» che i supplenti potranno essere licenziati nel caso di un nuovo lockdown, non potranno proseguire le loro attività didattica a distanza e, in più, non riceveranno l’indennità di disoccupazione percepita da tutti i precari in servizio nella scuola, di solito in estate quando scade la supplenza in attesa di una nuova chiamata da settembre in poi. La norma parla di licenziamenti «per giusta causa, senza diritto ad alcun indennizzo». Non solo il governo non rimedia in alcun modo ai tagli strutturali delle cattedre, e non stabilizza i precari in servizio da almeno più di tre anni, ma sta creando un nuovo organico insufficiente per le esigenze imposte dal contenimento dei contagi da Covid. Rispetto agli anni dei tagli non c’è nessun cambio di prospettiva. Anzi, si continua peggio di prima. In più continua a presentare questa operazione di precarizzazione estrema del personale come un atto di giustizia da vendere sul mercato politico in un agosto stanco, distratto e nervoso.

GIÀ A METÀ LUGLIO, mentre venivano approvati gli emendamenti che cancellano il diritto all’indennità di disoccupazione ed era respinta la richiesta di assumere docenti per il sostegno degli alunni disabili, la Flc Cgil aveva parlato di un «accanimento contro i precari». L’eventuale ritorno della pandemia potrebbe rivelare l’esistenza di un contingente di precari usa e getta che sarebbero obbligati a restare a casa senza nemmeno una tutela sociale. In un post su Facebook del 15 luglio scorso il sottosegretario all’Istruzione Peppe De Cristofaro (LeU) aveva parlato di «un’evidente ingiustizia e disparità e un aspetto punitivo nei confronti di professori e collaboratori» e aveva chiesto la modifica della sconcertante norma che, al momento, non sembra essere stata realizzata.

I PROBLEMI creati dal governo non finiscono qui. I candidati ai posti più precari tra i docenti della scuola saranno estratti dalle nuove graduatorie provinciale e di istituto. Le domande per le iscrizioni scadono oggi, ma sono numerose le segnalazioni di malfunzionamento della piattaforma digitale approntata dal Miur. La difficoltà a inserire i dati, e a completare le procedure online, non hanno fermato l’onda delle domande.

SECONDO IL MIUR sono state inoltrate 515.290 domande, 194.691 sono state inserite nel sistema prima della scadenza dei termini. I sindacati segnalano il rischio di una valanga di ricorsi, causati in particolare dai punteggi assegnati dalle valutazioni, che potrebbero rallentare a settembre l’assegnazione dei posti promessi ad agosto. Ieri i senatori del Pd Francesco Verducci e Roberto Rampo hanno chiesto a Azzolina di intervenire e riconoscere una proroga dei termini delle domande.