Sono ormai ventuno anni, quindi 21 edizioni, che CinemAmbiente raccoglie materiali cinematografici di diversa provenienza e genere per ricordarci gli sconquassi che abbiamo fatto e continuiamo a fare come se fossimo i padroni del mondo. Sotto il titolo Uno sguardo al futuro, quest’anno il direttore della manifestazione, Gaetano Capizzi, ha ricevuto 3.200 film tra cui ha selezionato i 118 titoli che verranno presentati a Torino da oggi, giovedì 31 a domenica 5 giugno, data conclusiva scelta perché coincide con la Giornata mondiale dell’ambiente.

L’inaugurazione è delegata al «punto» del meteorologo Luca Mercalli che presenta al pubblico del festival il suo «rapporto sullo stato del pianeta». Film di apertura è invece Anote’s Ark diretto dal canadese Matthieu Rytz che racconta dell’arcipelago di Kiribati, uno dei luoghi diventati simbolo del cambiamento climatico. Laggiù il presidente della repubblica era sino al 2016 Anote Tong, poi divenuto attivista impegnato a contrastare il riscaldamento globale che in caso di innalzamento del livello delle acque oceaniche spazzerebbe via l’intero arcipelago. Problema dalla doppia implicazione perché oltre alla scomparsa di un insieme di isole, porterebbe come conseguenza un altro aspetto che caratterizza i nostri tempi: la migrazione forzata per motivi ecologici. Per questo sarà particolarmente forte l’incontro con lo stesso Anote Tong.

E il colore dell’oceano fa da sfondo anche a Blue dell’australiana Karina Holden che provocatoriamente mostra i danni provocati dall’antropizzazione sulla conservazione di specie marine fondamentali per la nostra sopravvivenza.

Ma il colore tradizionale dell’ambiente è il verde, dalla antica foresta lituana raccontata dal biologo Mindaugas Survila con The Ancient Woods allo sconvolgente lavoro del canadese Andrew Nisker dal titolo Ground War. Il regista, dopo la morte del padre, grande appassionato di golf, dovuta a un cancro, ha cominciato a indagare sui pesticidi che vengono usati per ottenere i tappeti erbosi indispensabili per uno degli sport ritenuti in assoluto più «green». E il dato terribile è che non solo queste sostanze chimiche nocive sono usate in tutti i campi da golf del Nordamerica, giocando sulla salute degli appassionati di questo sport, ma sono abitualmente impiegate anche nei campi giochi frequentati dai bambini. E il verde rischia di assumere connotazioni decisamente negative nel racconto dell’austriaco Werner Boote The Green Lie- La bugia verde, che vede coinvolti anche come testimoni Noam Chomski e Raj Patel. La coscienza ecologica, per fortuna, da tempo è più consapevole e diffusa, purtroppo però sono in agguato anche gli sciacalli grazie al fenomeno del «greenwashing», una strategia degli uffici marketing delle aziende che spacciano per «prodotti verdi» prodotti che invece non sono né ecologici, né sostenibili.

Curioso poi il percorso della statunitense Kate Brooks, fotografa e corrispondente di guerra, che per la prima volta ha puntato il suo obiettivo su un’altra battaglia con The Last Animals. Seguendo il percorso del bracconaggio e del commercio illegale di avorio, il documentario parte dall’Africa e approda negli Usa disvelando il traffico di animali (in primis elefanti e rinoceronti), e gli intrecci che legano questa attività ai cartelli della droga e al terrorismo internazionale.

Ci sono poi titoli che presentano importanti voci come narratori. In The Future’s Past di Susan Kucera è la voce di Jeff Bridges (che ha anche prodotto il film) a interrogarci sul futuro che stiamo allestendo. Del tutto imprevedibile è invece il film (di chiusura) In praise of nothing del serbo Boris Mitic che ha come voce off nientemeno che quella di Iggy Pop per illustrare la poetica riflessione che attraversa continenti e oceani.

Non tutti ricordano che i primi germi di ecologismo sono nati proprio nel contesto dei movimenti che hanno caratterizzato il 1968 e il festival ha deciso di «ricordare» quell’anno con un’iniziativa singolare: la proiezione di Serafino, il film di Pietro Germi con Adriano

Celentano protagonista, Adriano divenuto poi un custode «sui generis» dei valori green.
Tante sono comunque le sfumature di verde e di blu della manifestazione che si articolano tra le diverse sezioni del festival, e giusto per cambiare colore è presente anche L’empire de l’or rouge dei francesi Xavier Deleu e Jean-Baptiste Malet che indagano su uno dei business alimentari più potenti al mondo, quello del pomodoro. Infine una curiosità che testimonia quanto siamo piccoli e ignoranti. La racconta Riccardo Palladino con Il monte delle formiche. Da secoli quel monte appenninico, in settembre diventa meta di un’infinità di formiche alate che arrivano lì per riprodursi, lasciando poi sul suolo i maschi, esausti e moribondi, ormai inutili. E non si sa il perché.