Che il cine-turismo sia un robusto motore nel sistema dei media, benefico per entrambi i termini, è dato suffragato dallo sviluppo delle Film Commission, e dalla formazione del Distretto Montalbano in Sicilia, dall’incremento del 200 % del turismo in Scozia dopo Braveheart, dall’impatto delle riprese di Mel Gibson a Matera, che, dati alla mano, è superiore alla nomina a capitale della cultura, ecc. L’Ischia Film festival, dedicato proprio al cineturismo, ha proposto un convegno non balneare sul rapporto tra identità culturale e media, all’interno del quale docenti universitari e rappresentanti del settore hanno evidenziato luci e ombre di questo panorama, forse meno solare di quanto non si voglia ammettere.

Emerge da un lato il bisogno di focalizzare il territorio come identità culturale, contando sulla struttura narrativa che trasforma il paesaggio in elemento funzionale. L’esempio de Il racconto dei racconti di Garrone a mio avviso calza a pannello: le affascinanti locations, sposandosi con l’anima dei cunti, rendono visibile la differenza culturale di questo fantasy, il suo essere «made in Italy.» Come ha osservato il regista De Angelis in un corto promozionale realizzato in Basilicata, bisogna trasformare le «vedute» in «visioni». Persino l’Europa sembra muovere in questa direzione.

Maja Cappello dell’Osservatorio europeo dell’audiovisivo ha sottolineato questa svolta istituzionale, sia come investimento produttivo (ogni euro speso localmente diventa 1,7 sul campo, tra impatto diretto, indotto e spill over, cioè merchandising, branding ecc.) che culturale. Ma il finanziamento non basta; esaminando le politiche del settore nel Sud della Francia – paese sempre lungimirante quando si tratta di cinema- si rileva l’offerta ai giovani di buoni per l’acquisto di libri e biglietti del cinema per educarli al consumo culturale. I numeri ci dicono infatti che il buon cinema sta rapidamente perdendo pubblico, essendo mancato, soprattutto in Italia, il ricambio generazionale. Bruno Zambardino della Sapienza di Roma ha confermato la valorizzazione del turismo culturale progettata dall’Europa e la nuova funzionalità per gli operatori del settore del portale Bussola del cinema, ma non ha potuto non rilevare la discontinuità e la frammentazione degli interventi regionali e locali.

Anna Olivucci delle Marche Film Commission, che ha al suo attivo le locations del Giovane favoloso, ha lamentato l’incapacità dell’ente locale di sfruttare al meglio la promozione cineturistica, contando sul valore esperienziale ed emotivo che attraverso il racconto il film ha offerto dei paesaggi. Interessante a questo proposito il cd proposto dall’università di Padova, che propone in digitale un movie-tour della città (ricalcabile, nella struttura informatica, per altri luoghi) in cui si accostano le clip dei film, collegate alla trama e analizzate nel loro specifico filmico, alle informazioni sulla location, con un’application scaricabile sul proprio smartphone, o utilizzabile dalle Film Commission e dagli enti turistici. Il cineturismo quindi è maturo e pronto ad affermare le identità dei luoghi: tanto per cambiare quello che non funziona è la politica ovvero l’assenza di una vera progettualita, di un coordinamento e la scarsa disponibilità a fare sistema.

Oltre alla consueta rassegna di lungometraggi in anteprima, con le conversazioni con registi o interpreti (Munzi, De Angelis, Squitieri, Bisturi, Leo, Giannini, Rizzo, LoVerso, Crescentini…), la sezione documentari offre uno spaccato interessante della produzione nazionale (da Gomorraland a La cella zero sulla cella dei pestaggi di Poggioreale, Lives in the Malls, ovvero la vitaccia delle commesse dei centri commerciali, oppresse dalla riforma Monti che le costringe a orari disumani, Sotto il Vulcano di Pannone) e un focus sul cinema nordico, con titoli che arrivano persino dall’esotica Latvia, e ancora corti internazionali.