L’apertura è affidata a Atelier de conversation di Bernhard Braunstein, una cartografia del presente attraverso i corsi di conversazione francese tenuti alla Bibliotheque Publique tra immigrati, rifugiati, studenti che condividono tutti la stessa esigenza: imparare la lingua francese. In chiusura invece Burma Storybook di Petr Lorm, Cinéma du Reél (24 marzo-2 aprile), l’appuntamento parigino col documentario, quest’anno «pericolosamente» vicino allo sfavillante CPH:DOX di Copenaghen (che si apre oggi), oltre alle sezioni competitive – internazionale, francese, opere prime – si snoda in una serie i spunti tematici dove spesso si trovano le proposte di punta del cartellone. A cominciare dall’omaggio a Charles Burnett e Haile Gerima, «Ribelli a Los Angeles», due grandi autori del cinema african american le cui tematiche estetiche e politiche sono oggi molto di attualità.

Naturalmente la personale di Andrea Tonacci mancato da poco, figura più «marginale» nelle correnti del cinema novo che si era fatto conoscere nel 1971 con Bang Bang presentato alla Quinzaine des Realisateurs. E la scoperta di Ing K, scrittore e cineasta thailandese che con la sua opera prova a dare voce alla repressione nel suo Paese.

Tra gli undici titoli del concorso internazionale, oltre a Ghost Hunting ci sono tra gli altri Paris est une fete un film en 18 vagues di Sylvain George; No Intenso Agora (già passato alla Berlinale) di Joao Moreira Salles; Postcards from the Verge di Sebastian Mez; Luz Obscura di Susana Sousa Dias.

I doc nazionali in gara vanno invece da Hamlet in Palestine di Nicolas Klotz e Thomas Ostermeier a Tenir la distance di Katharina Warteva. Nelle opere prime il solo italiano in competizione – tra gli eventi speciali anche l’apolide Giovanni Cioni con Viaggio a Montevideo – Pagani di Elisa Flaminia Inno, un viaggio tra diverse variazioni del sacro (era stato in concorso a Filmmaker 2016 nelle Prospettive): la festa popolare, la tradizione, il travestimento, la fede.