Weibo, il social network più utilizzato in Cina, nell’ultimo anno ha visto scendere del 9 per cento (28 milioni) i suoi utenti. Una spiegazione data a questa contrazione è incentrata sulla repressione, il controllo e la censura on line. In realtà il dato conferma un andamento particolare dell’internet cinese, dovuto al trionfo dei tablet e degli smartphone, allo spostamento degli utenti verso le applicazioni e alle alleanze tra imprese che condizionano il movimento dei netizen. Allo stesso tempo, alcune imprese della Rete pensano di funzionare anche come una banca.

L’internet cinese è da sempre un laboratorio, all’interno del quale, nel tempo, si sono manifestati fenomeni complessi. Si tratta di ambiti legati a quella che potremmo definire «opinione pubblica» e a quel filone innovativo, più industriale, che unisce produzione e virtualità, creando giganti ormai conosciuti in tutto il mondo. Siamo di fronte a elementi che hanno sviluppato una capacità di muoversi a proprio agio all’interno di un frame contrastato dal Partito comunista cinese. È nota la sentenza: il web più censurato del mondo è quello cinese. È altresì nota una recente novità: il web cinese è il mercato più grande al mondo, con i suoi 600 milioni di utenti, di cui la metà navigano, acquistano e chattano via smartphone. Dal web ci si sposta quindi sempre di più verso le app, con un occhio verso la wearable technology (su Alibaba uno dei negozi virtuali vende migliaia di gadget tecnologici «indossabili», prodotti da medio o piccole marche cinesi).

Dalla denuncia a Weibo

Negli anni scorsi l’internet cinese è esploso. All’inizio fu il turno dei blog, che portarono alla notorietà personaggi, diventati nel tempo influencer di dibattiti pubblici, e a pratiche on line che richiesero ai legislatori di fare fronte alle novità digitali. Il fenomeno dello human flesh search engine (renrou sousuo), ad esempio, altrimenti chiamato «motore di ricerca umano», consentì di intravedere immediatamente un utilizzo particolare da parte dei cinesi degli strumenti digitali. Una persona subiva un torto (che poteva andare dalla corruzione di un funzionario all’omicidio del proprio gattino) e come conseguenza metteva sul blog una richiesta di aiuto a «indagare» sul presunto colpevole. Nascevano vere e proprie indagini e persecuzioni on line: si identificava dunque l’utilizzo di internet come elemento «compensatore» di una società che non vede certo la presenza di uno «stato di diritto. Internet era un mezzo per farsi giustizia da soli.

A conferma di questa tendenza, si affermarono siti dove denunciare i politici per corruzione (il più noto aveva come indirizzo «hopresounamazzetta.com»). Divenne inoltre quasi una moda, che ha anticipato di alcuni anni l’attuale campagna anti corruzione di Xi Jinping, la denuncia sui propri blog di politici che in occasioni pubbliche sfoggiavano oggetti o abbigliamento costosi (alcuni furono costretti alle dimissioni).

Nel 2010 arrivò infine Weibo, servizio fruibile anche dal cellulare. La diffusione degli smartphone e Weibo, simile a Twitter ma con più ampie possibilità di scrittura dati i caratteri cinesi, divenne lo strumento principe di comunicazione e diffusione delle notizie. Attraverso Weibo siamo stati in grado di conoscere alcuni degli eventi più importanti della recente vita politica ed economica del paese: dallo scandalo Bo Xilai agli scioperi nelle fabbriche, fino alle proteste contro l’inquinamento. Su Weibo ben presto alcuni personaggi, seguiti da milioni di followers, sono diventati veri e propri opinion maker, finendo per traghettare molti dei dibattiti on line contro la dirigenza. Dalla giustizia fai da te alla denuncia sociale: per questo il Partito è corso ai ripari, attraverso una feroce campagna che ha portato all’arresto di alcuni dei cosiddetti «Big V» (dalla «V» che testimonia un account «verificato»). Il governo cinese ha deciso che qualsiasi post su Weibo retwittato 500 volte o letto 5mila volte, e che si riveli essere un «rumor», comporta l’arresto. Nell’ultimo periodo del 2013 Weibo ha così vissuto un calo che ha portato a perdere il 9 percento degli utenti.

La maggioranza dei netizen cinesi, come emerge da ricerche di aziende locali, usa i servizi on line per divertirsi – da qui il successo delle piattaforme di giochi on line – o per comunicare. Prima dell’avvento di Weibo (di Sina), lo strumento più utilizzato era QQ (di Tencent), una specie di Messenger della Microsoft, che fin da subito però consentiva anche utilizzi lavorativi oltreché «social», permettendo video conferenze e passaggi di contenuti multimediali all’epoca molto pesanti per le connessioni utilizzate.

I guanxi e la monetizzazione

La censura su Weibo, l’aumento dell’utilizzo degli smartphone, hanno recentemente portato al successo Wechat (in cinese Weixin, prodotta dalla Tencent), un’applicazione per telefoni cellulari in grado di consentire conversazioni private e di gruppo, messaggi testuali e vocali, mini blog. Una sorta di Facebook, Twitter, Instagram, What’sApp messi insieme. Wechat è gratis, ma consente di monetizzare attraverso i «gadget» e la pubblicità.

Si tratta di una tendenza sempre più in voga, considerando che invece Weibo basa la sua economia, non tanto sulla pubblicità (come per Twitter), quanto con l’e-commerce, grazie al sistema Weibo Alipayments, in partnership con Alibaba. Chiaramente i numeri di Weibo sono molto più alti, ma ormai il marketing locale, e quello delle aziende internazionali che operano in Cina, ha spostato la propria attenzione su Wechat, perché è su questa applicazione che si vanno ad innervare i cosiddetti «guanxi», ovvero la tendenza cinese a operare all’interno del proprio network di conoscenti e membri della famiglia. Quindi presumibilmente, anche se un gruppo di Wechat è infinitamente più piccolo numericamente rispetto ai follower di un nome noto su Weibo, per un’azienda è meglio veicolare il proprio messaggio su Wechat, per essere sicuri di un endorsment vero all’interno delle proprie cerchie più vicine.

Significa che le applicazioni di questo genere saranno il futuro del mercato tecnologico cinese dei prossimi anni, con un graduale spostamento anche del traffico sulle app, anziché sul web che anche in Cina è ormai percepito sempre di più come un contenitore generalista.

Non a caso le cosiddette Bat (Baidu, Alibaba, Tencent) stanno muovendosi, prevalentemente nel mondo delle app, in modo frenetico alla ricerca di una killer application in grado di frantumare a proprio vantaggio il mercato. Il movimento sarà sempre di più dalla rete alla realtà come testimonia Alibaba: da un lato si è alleato con Weibo, perché assente nel mondo social, dall’altro sta configurandosi ormai come una sorta di agenzia del microcredito per le stesse aziende che gestiscono il proprio business sulla piattaforma di vendita on line Taobao. Con l’apertura alle banche private, come si suppone possa accadere a breve, anche il mercato dei grandi di internet potrebbe rivelare sorprese, con la possibilità di diventare un istituto di credito, in grado di finanziare un proprio «sistema».