Sotto la guida del ministro della cultura Ravindra Singh, il governo indiano ha lanciato un progetto di ricerca quinquennale denominato «Mausam/Mawsim: vie marittime e paesaggi culturali». Il nome fa riferimento alla stagione nella quale le navi potevano navigare in modo sicuro: il Mausam, o Mawsim in arabo. È questa l’origine del nome «monsone» una stagione segnata da venti lungo i quali si disegnavano le rotte commerciali. Lo scopo è riscoprire le connessioni culturali prodotte da queste rotte tra le città costiere oggi appartenenti ai diversi stati che affacciano sull’oceano indiano, per estendersi nelle regioni interne dell’Asia, dell’Africa e della Penisola arabica. Il progetto parla di storia, ma pare avere uno sguardo molto attento al presente e al futuro dello sviluppo capitalistico globale.

La guerra delle mappe

Come osservato dal Times of India, il progetto Mausam è il primo segno del tentativo indiano di rispondere in modo organico all’estensione delle operazioni a guida cinese nell’area. Il «Mausam» sarebbe, infatti, lo strumento individuato dall’India per rispondere al discorso della «nuova via della seta», intorno al quale la Cina ha costruito le premesse per un’iniziativa politica e geoeconomica senza precedenti.

L’idea di base della nuova via della seta è che l’attuale fase economica si fondi sulla possibilità di avviare operazioni logistiche su scala globale per rafforzare supply chain ormai transnazionali e penetrare in nuovi territori. L’evocazione dell’antica via terrestre deve tuttavia scontare le turbolenze geopolitiche delle zone attraversate e la difficoltà di attraversare regimi giuridici, zone geografiche e standard tecnologici differenti senza perdere in efficienza e velocità.

Per questo il centro nevralgico della nuova via della seta è – ad oggi – lo sviluppo di una via marittima tra Cina ed Europa.

Accanto all’evidente attrattività delle prospettive d’inclusione nei nuovi corridoi transnazionali a guida cinese, l’India è intenta a sviluppare una propria strategia che vede insieme il rilancio della produzione interna, la ricerca di partner nell’area e un’offensiva anche sul piano culturale. Si comprende così come il progeto Mausam sia funzionale al disegno di una diversa mappa dei commerci marittimi e dei possibili corridoi del futuro nella quale il subcontinente rappresenta il fulcro e non solo un punto di passaggio.

La rilevanza delle infrastrutture

Se da un lato è evidente il tentativo di rafforzare la partnership economico-commerciale con il Giappone, il progetto Musam è forse il primo reale tentativo da parte dell’India di costruire una contronarrazione da opporre alla diplomazia economico-culturale pragmatica sviluppata dalla Cina.

Questa si basa sull’immagine di una potenza economica pacifica che promuove lo sviluppo della produzione capitalistica globale sulla base di «interessi, destino e responsabilità comuni».
La Cina ha fatto dell’investimento in infrastrutture una nuova frontiera mobile al centro della sua politica geoeconomica più recente, penetrando in settori strategici delle operazioni logistiche globali. La costruzione di infrastrutture rappresenta tanto uno degli investimenti produttivi per impegnare imprese del settore, quanto uno strumento per estendere in modo coordinato le operazioni economiche del capitale cinese.

C’è, ad esempio, una complessa ridefinizione della geografia dei porti a essere messa in gioco. La Cina è da anni il primo produttore mondiale di container e tra i principali utilizzatori delle gru post-post-panama, in grado di accogliere e scaricare le navi portacontainer ultra large (con una capacità di oltre dodicimila container). La corsa ad accaparrarsi le operazioni di carico scarico delle navi portacontainer modifica le rotte commerciali e muove investimenti e operazioni di ristrutturazione nei porti.

Collegare i corridoi del mare con i corridoi terrestri e le nuove zone produttive sarà una delle poste in gioco dei prossimi decenni. La infrastrutture e le operazioni logistiche diventano così gli assi intorno ai quali ruotano nuovi assetti e economici e politici.

Politica globale dei corridoi

Difficilmente un progetto come Musam riuscirà a scalfire la posizione assunta dalla Cina. Esso è tuttavia rivelatore di una direzione imboccata dal governo Modi. Lo sforzo di recuperare il ritardo infrastrutturale è stato uno dei cavalli di battaglia che hanno assicurato a Modi l’appoggio delle élite economiche del paese e l’interesse degli investitori internazionali. A ciò si accompagna la sicurezza di un governo pronto a usare la mano dura contro i diritti dei lavoratori e le proteste operaie.

Il consenso diffuso verso l’aria di cambiamento e modernizzazione che Modi sembra portare, in particolare tra i giovani più istruiti, non sarà infatti sufficiente a permettere la realizzazione dei grandi progetti come il diamond quadrilateral project, l’ambizioso disegno di sviluppare la politica dei corridoi industriali su scala continentale costruendo reti ferroviarie ad alta velocità e capacità, nuove zone e regioni industriali e città modello. L’enfasi con la quale l’India ha imboccato questa strada pare alludere alla volontà di percorrere una strada nuova, che solo parzialmente ricalca il modello del boom cinese fondato sulle zone economiche speciali e lo sfruttamento di manodopera migrante.

La posta in gioco è altissima, in particolare sul piano delle risorse energetiche e del consumo di acqua, veri punti deboli di questi progetti. Più che a uno scontro aperto con la Cina, tuttavia, è possibile immaginare una competizione che avrà come effetto quello di radicalizzare le priorità geoeconomiche che ruotano intorno ad operazioni logistiche come la nuova via della seta e la politica dei corridoi, approfondendo uno dei tratti centrali dello sviluppo capitalistico contemporaneo.

Queste politiche prefigurano un nuovo rapporto tra le operazioni globali del capitale e le politiche degli stati, dove questi ultimi agiscono come attori all’interno di complessi assemblaggi di potere economico-finanziari.

* una versione completa dell’articolo è disponibile su connessioniprecarie.org