L’hanno chiamato «il movimento dei semi di girasole» e si tratta di una delle proteste più clamorose avvenute a Taiwan negli ultimi anni.

Oltre 3mila manifestanti, tra cui molti studenti, con striscioni e volantini hanno occupato il parlamento nazionale, per contestare l’accordo di libero commercio che Taipei, da tempo su posizioni filo cinesi, ha stipulato con Pechino nel 2010 e che ha recentemente presentato in toto al parlamento affinché venisse accelerata la sua messa in atto. La polizia ha provato già tre volte a tirare fuori gli studenti, che hanno resistito e insistono nella loro richiesta di revisione degli accordi.

Sullo sfondo di questo scontro però c’è anche la questione dell’Ucraina e in particolare della Crimea. L’atto economico, infatti, viene visto anche come un pericoloso avvicinarsi alla Cina, che potrebbe, come ha fatto la Russia, con la Crimea, rivendicare l’isola che viene considerata dal 1949 «ribelle». In realtà l’aggancio con la questione ucraina è su entrambi i fronti. Da un lato la Cina ha tenuto una posizione piuttosto defilata sulla crisi di Kiev, temendo che le proprie «Crimee» (Tibet, Xinjiang ma in parte anche Taiwan) potessere sfruttare la situazione per ardire ad avere una sorta di indipendenza da Pechino. Dall’altro, specie a Taiwan, non sono pochi che hanno compreso la potenziale pericolosità della mossa russa se interpretata da Pechino, rispetto alla situazione dell’isola.

L’avvicinamento economico si scontra questa volta con una mutata condizione economica e sociale dell’isola, nonché con una situazione mondiale e geopolitica diversa. I fatti ucraini stanno infatti facendo parecchio discutere in Cina, soprattutto sui social media, che stando alle cronache da Taipei, sono stati il fulcro di questa estemporanea sollevazione.

Tornando all’interno dei percorsi relativi al rapporto tra Cina e Taiwan, «gli studenti che hanno occupato il parlamento – ha scritto il quotidiano di Hong Kong South China Morning Post, temono che la democrazia sull’isola sia a rischio e che il patto di libero scambio con la Cina porterà a un minor numero di posti di lavoro». Si tratta della prima grande protesta studentesca nell’isola nell’era dei social media e «una sfida che devono affrontare i manifestanti sarà quella di coordinare prossimamente i loro sostenitori, evitando scontri violenti con la polizia».

Chen Wei-ting, uno dei vari leader studenteschi, che hanno pianificato la protesta, facendo riferimento al partito del Kuomintang al governo, ha specificato che «abbiamo deciso che era il momento di prendere alcune misure per contrastare un così sfacciato e maleducato peggioramento della democrazia di Taiwan da parte dei parlamentari del Kmt».

I media cinesi, in primis il Global Times, spin off in inglese dell’ufficiale Quotidiano del Popolo, ha pubblicato due editoriali a questo proposito: in un primo ha giudicato «una vergogna» la piega «della democrazia taiwanese», sottolineando il disordine dovuto alle pratiche democratiche.

In un secondo editoriale il Global Times, ha invece specificato che l’esempio della Crimea non è un evento che la Cina può prendere ad esempio, dovendo mantenere la calma in ogni «situazione di confine che potrebbe creare tensioni».