Un recente studio del think tank Macro Polo spiega bene come in Occidente la copertura mediatica riservata a fatti ed eventi finisce spesso per influenzare sensibilmente non solo l’opinione pubblica ma persino le scelte politiche della classe dirigente. In Cina, dove gli organi d’informazione sono rigidamente controllati dal governo, è vero esattamente il contrario.

I mezzi di comunicazione fungono da cassa di risonanza per un messaggio politico formulato direttamente dal Partito-Stato con lo scopo di condizionare la percezione del lettore. Leggere la stampa cinese non ci permette quindi di ottenere una versione completamente oggettiva dei fatti, ma è un esercizio che ci consente di capire come la Cina e la sua leadership vogliono raccontarsi, tanto attraverso la narrazione esplicita degli eventi quanto attraverso le omissioni.

Spesso il messaggio cambia a seconda che il target prescelto sia cinese o straniero. Nei giorni precedenti l’anniversario di fondazione della Rpc, la discrezionalità con cui gli organi di informazione statali diversificano la propria postura a seconda del pubblico è riscontrabile nel racconto delle celebrazioni.
Mentre in rete la stampa ufficiale in lingua inglese indugia sui preparativi più innocui sottolineando come dall’ascesa pacifica cinese continuerà a beneficiare anche la comunità internazionale, quella in caratteri è prevalentemente concentrata sulla descrizione della «solenne cerimonia» in programma a Pechino per il 1 ottobre.

A rubare la scena sono i numeri record della parata militare che, stando agli analisti, metterà in mostra per la prima volta i progressi compiuti dall’industria bellica nazionale sotto il governo Xi Jinping. Secondo il database curato dalla Tsinghua University Cnki, da gennaio ad oggi in tutto sono quasi mille gli articoli dedicati – in misura variabile – all’attesa ricorrenza. A parlare dell’anniversario sono principalmente «i tre grandi quotidiani», come venivano chiamati durante la Rivoluzione culturale il Renmin Ribao (la versione cinese del People’s Daily), il Jiefangjun Bao (People’s Liberation Army Daily) e il Guangming Daily (Enlightenment Daily), rispettivamente con oltre 170 , 60 e 80 articoli ciascuno.

Tra questi, quelli che contengono nel titolo un riferimento diretto alle celebrazioni sono solo una minoranza; la maggior parte introduce i festeggiamenti partendo dai successi raggiunti durante la lotta alla povertà e le riforme economiche. Inutile dirlo, il vero protagonista è Xi Jinping, il cui nome svetta in cima alla lista delle keywords con circa 500 risultati, seguito con largo distacco da «Nuova Cina» (oltre 320).

Mentre scriviamo, i numeri trovano riscontro nella prima pagina del Renmin Ribao, dedicata alla notizia della visita di Xi alle Colline Profumate di Pechino che, a partire dal marzo 1949, ospitarono Mao Zedong e il Comitato centrale del partito, spostando la base rivoluzionaria dalle campagne ai centri urbani.
Per Xi, «commemorare quella parte della storia serve a rafforzare la fiducia nel percorso, nella teoria, nel sistema e nella cultura del socialismo con caratteristiche cinesi, per darci il coraggio di portare avanti la grande lotta con molte nuove caratteristiche storiche e superare qualsiasi difficoltà».

Un riferimento implicito non solo alla guerra commerciale con gli Usa, ma anche alle proteste di Hong Kong (una «rivoluzione colorata», secondo Pechino) e alle incertezze economiche che rischiano di indebolire il consenso popolare – raggiunto all’indomani del massacro di Tian’anmen – grazie al quale la Rpc è riuscita a battere per longevità l’Unione sovietica.

L’anniversario è dunque l’occasione per richiamare il paese all’unità sotto la guida del suo lider maximo, che proprio dai primi decenni di esperienza comunista trae legittimità. Ma anche per ricordare al mondo la resilienza dimostrata dal popolo cinese davanti alle angherie delle potenze occidentali. La visita alle Colline Profumate compare anche nell’edizione del People’s Daily seguito da un editoriale ricco di riferimenti alle umiliazioni subite nell’800.

«Con l’istituzione della Rpc, il 1 ottobre 1949, la Cina fu finalmente liberata. Ma questo non è bastato a porre fine all’aggressione del mondo occidentale», spiega l’autore, «la Cina ha impiegato quasi tre decenni, durante il periodo 1949-1978, per realizzare riforme interne incentrate sull’ideologia, l’unità e il cambiamento di mentalità sotto la grande guida del presidente Mao. Solo dopo aver ottenuto un grande successo sul fronte politico, la nazione è entrata in una nuova fase di riforma economica, sotto la leadership visionaria del compagno Deng Xiaoping a partire dal 1978». Adesso tocca a Xi Jinping traghettare il paese attraverso le insidie della Nuova Era.