Solo una battuta d’arresto. È così che le organizzazioni femministe cilene hanno commentato la bocciatura da parte della Camera dei deputati – con 62 voti a favore, 65 contro e 1 astensione – del progetto di legge sulla depenalizzazione dell’aborto entro la quattordicesima settimana.

NEL SUO IMPIANTO generale, la legge era già stata approvata dalla stessa Camera bassa il 28 settembre, durante la Giornata di azione globale per l’aborto legale e sicuro in America latina, con 75 voti a favore, 68 contrari e 2 astenuti. Il testo, tuttavia, era tornato alla Commissione Donne, dove la norma era stata modificata in linea con la legge sull’identità di genere, al fine di includere le persone trans. E da lì nuovamente alla Camera dei deputati, dove martedì la maggioranza ha votato sia contro il testo modificato che contro quello precedente, benché, secondo i sondaggi, più di sette cileni su dieci siano d’accordo con la depenalizzazione.

Non tutto è perduto, però: in quanto approvato nel suo disegno generale, il progetto di legge potrà essere presentato di nuovo: «Non esiste alcuna limitazione in tal senso, che si tratti della stessa versione o di una modificata», ha spiegato Vanessa Pimentel, avvocata dell’organizzazione per la difesa dei diritti sessuali e riproduttivi Miles Chile. E, ha aggiunto, sarà bene farlo al più presto, per non prolungare ulteriormente l’attesa delle donne e in particolare della «popolazione più vulnerabile, che è quella che corre maggiori pericoli, non avendo accesso alle cliniche private né alla possibilità di abortire in un altro paese».

TRA COLORO che difendono l’aborto legale, sicuro e gratuito non c’è insomma alcun segnale di resa: «Si tratta appena di un contrattempo. Continueremo a insistere sulla necessità di non criminalizzare le donne, di non perseguirle né penalmente né socialmente», ha dichiarato la deputata Gael Yeomans di Convergencia Social (una delle forze della coalizione Apruebo Dignidad che sostiene Gabriel Boric).
E la speranza si rivolge anche al lavoro della Convenzione costituente, a cui le donne chiedono di consacrare i diritti sessuali e riproduttivi nella nuova Costituzione, così da spianare la strada alle leggi che ne consentano il concreto esercizio.

Tante e indignate, però, sono state le reazioni. Come quella della deputata socialista Maya Fernández, la quale ha puntato il dito contro chi «preferisce che le donne ricorrano ad aborti clandestini realizzati in condizioni disumane». O quella dell’Associazione cilena per la protezione della famiglia, che ha accusato lo stato cileno di continuare a disinteressarsi dei diritti dei donne.
E molto più se ne disinteresserà se, al ballottaggio del 19 dicembre, dovesse prevalere il candidato di estrema destra José Antonio Kast, il quale si è detto contrario all’aborto senza eccezioni, mirando a proibirlo persino nei casi, attualmente ammessi dalla legge, di pericolo per la vita della madre, di gravi malformazioni del feto e di violenza sessuale.

MA, A DESTRA, Kast – attualmente in svantaggio negli ultimi sondaggi con il 33% di preferenze contro il 39% di Boric – è in buona compagnia. Così, per esempio, il deputato della pinochetista Udi Gastón Von Mühlenbrock ha denunciato il «paradosso», da parte della sinistra, di essere a favore dell’aborto e di lanciare nello stesso tempo «una campagna scatenata contro il rodeo». Mentre la deputata di Renovación Nacional Ximena Ossandón ha dichiarato che «non c’è nulla di più neoliberista» della difesa dell’interruzione volontaria di gravidanza: «Io, il mio corpo, io, solo io. Neppure l’uomo può avere qualcosa da dire».