L’invito era partito da vari gruppi attraverso le reti sociali ed era subito diventato virale: dare voce – «dove puoi, come puoi o con ciò che hai» – alla protesta contro la «dittatura degli imprenditori» e alla lotta per «salute, pane e lavoro». La scelta della data quanto mai emblematica: quella del 2 e 3 luglio, 34 anni dopo i due giorni di sciopero generale proclamati nel 1986 contro il regime di Pinochet, nell’ultimo scorcio della dittatura militare.

Uno sciopero segnato tragicamente dalla terribile vicenda, passata alla storia come il «Caso Quemados», di due ragazzi bruciati vivi da una pattuglia dell’esercito in una strada della periferia povera di Los Nogales, a Santiago: il fotografo Rodrigo Rojas, 19 anni, che sarebbe morto quattro giorni dopo a causa delle ustioni, e l’attivista 17enne Carmen Gloria Quintana, sopravvissuta ma rimasta sfigurata. Dopo aver dato loro fuoco, tra le risate, i militari li avevano abbandonati in un fosso, dove erano stati soccorsi dai contadini del luogo.

34 anni dopo, il contesto è per fortuna molto diverso, ma i punti in comune non mancano, a cominciare dalla Costituzione, che è la stessa di allora, e dalla disuguaglianza, che non è cambiata, e a cui anzi l’emergenza da Covid-19 ha dato ulteriore risalto.

Così, in vari comuni di Santiago e in diverse altre città del paese, i manifestanti non si sono limitati a proteste virtuali come era stato inizialmente previsto, ma sono voluti scendere in strada, sfidando la rigida quarantena (con tanto di coprifuoco nelle ore notturne) disposta dal governo di Sebastián Piñera per far fronte all’impressionante crescita dei contagi: 288mila (con più di 6mila morti) all’interno di una popolazione di soli 19 milioni di abitanti.

Una quarantena che il presidente non ha tuttavia esitato a violare per recarsi in un’enoteca – evidentemente considerata un’attività essenziale – ad acquistare varie bottiglie di vino, quando ancora non si era esaurito lo scandalo per l’ordine di acquisto da parte de La Moneda di prodotti come foie gras, patè di cinghiale e caviale.

Nei confronti dei manifestanti scesi in strada a urlare la propria rabbia per i diritti negati alla salute, al pane e al lavoro, per una gestione della pandemia diretta a scaricare i costi della crisi interamente sulla classe lavoratrice, i carabineros invece non hanno avuto pietà, spingendosi persino a entrare nelle case, senza autorizzazione, lanciando gas lacrimogeni al loro interno.

Ci è scappato anche un morto, un giovane di 21 anni di nazionalità haitiana, ancora senza nome, raggiunto da colpi di arma da fuoco in mezzo agli scontri nel comune di Melipilla, nella regione metropolitana di Santiago. I carabineros, giunti in zona con gas e idranti, non hanno avuto esitazioni: gli spari, hanno detto, sono venuti dagli «stessi manifestanti violenti» ed erano diretti contro le forze dell’ordine. Mentre sui social è circolato un video in cui un carabinero stringe per il collo un giovane che avverte: «Non posso respirare».