Wolfgang Schäuble è convinto che “la Francia sarebbe contenta che qualcuno forzi il parlamento” per far applicare le regole della trojka, che hanno avuto “tanto successo” in Spagna, “ma è difficile – ha aggiunto – è la democrazia”. Secondo il ministro delle finanze tedesco, che si esprimeva a un convegno a Washington dedicato all’Eurozona, i “suoi amici” Michel Sapin (ministro delle finanze) e Emmanuel Macron (economia) hanno una “lunga storia da raccontare sulle difficoltà a convincere l’opinione pubblica e il parlamento francese della necessità delle riforme del mercato del lavoro”. La Francia promessa allo stesso trattamento della Grecia, ha fatto reagire il mondo politico: per il segretario del Ps, Jean-Christophe Cambadelis, “la francofobia di Schäuble è insopportabile, inaccettabile, contro-produttiva”, per Jean-Luc Mélenchon del Front de Gauche il “Bismarck d’operetta” dovrebbe “chiedere scusa”, mentre il Fronte nazionale reclama la “convocazione immediata dell’ambasciatore tedesco”. Il ministro delle Finanze, Michel Sapin, ha ricordato che la Francia “detesta essere spinta con la forza”.

A Schäuble e al fronte del rigore a tutti i costi ha risposto anche il ministro delle finanze greco, Yanis Veroufakis: “faremo dei compromessi, ma non ci comprometteremo”. Ad Atene, i creditori (Fmi, Ue, Bce) continuano con insistenza a chiedere sempre le stesse cose: come ha spiegato il primo ministro Alexis Tsipras, “il disaccordo persiste sulle questioni del diritto del lavoro, della riforma del sistema di previdenza sociale, su un rialzo dell’Iva e le privatizzazioni”. Fmi, Ue e Bce sono di nuovo all’attacco. Per il commissario Pierre Moscovici, la sola strada sono le “riforme, non c’è un piano B”. Le voci su un possibile Grexit (default e uscita dall’euro) sono di nuovo cresciute negli ultimi giorni. A metà marzo, c’era stata la lettera allarmistica di Tsipras alla Ue, sulle difficoltà per la Grecia di restituire i crediti in scadenza ad aprile. Poi Atene ha pagato il 9 aprile i 458 milioni dovuti all’Fmi. All’orizzonte, adesso ci sono altri 747 milioni da restituire all’Fmi il 12 maggio e la direttrice Christine Lagarde ha già messo in guardia che non ci sarà nessun trattamento di favore per la Grecia, perché sarebbe la “prima volta” per un paese sviluppato. Mario Draghi la settimana scorsa ha alzato ancora di 1,2 miliardi l’Ela (liquidità d’emergenza) concesso dalla Bce alle banche greche, portandolo a 73,2 miliardi, ma ha messo in guardia Atene: per il presidente della Bce, che pur rifiuta di discutere lo “scenario” di un Grexit, “la risposta è interamente nelle mani della Grecia”. Ma per Schäuble, “nessuno ha la minima idea” di quando potrà essere raggiunto un accordo con Atene. Il 24 aprile c’è un Eurogruppo a Riga, ma ormai nessuno punta a una soluzione per quella data. Potrebbero pero’ essere gettate le basi per un’intesa all’Eurogruppo dell’11 maggio e sbloccare cosi’ l’ultima tranche di 7,2 miliardi del secondo piano di “aiuti” in corso, esteso fino a fine giugno. Il 30 giugno è ormai la vera data-limite per la Grecia. Sperando che nel frattempo non si produca un Grexident, un incidente non programmato, mentre S&P ha di nuovo abbassato il rating del debito greco a sotto-spazzatura (CCC+, con prospettive negative).

I paesi dell’eurozona in difficoltà sono entrati in un periodo di turbolenze: entro fine mese, devono arrivare a Bruxelles le note dalle varie capitali, per permettere alla Commissione, a metà maggio, di pubblicare le “raccomandazioni specifiche per paese” e approvare – o meno – la marcia verso la riduzione dei deficit e il recupero di competitività. In caso di bocciatura, potranno venire decise delle sanzioni. “L’obiettivo della Commissione non è la sanzione – ha precisato Pierre Moscovici, responsabile degli Affari economici e monetari – ma convincere gli stati membri della necessità di fare le riforme necessarie per creare occupazione e crescita”. Nei fatti, cresce un po’ dappertutto l’insofferenza verso le regole imposte da Bruxelles. La Francia, che ha già ottenuto due anni di tempo in più per rientrare nei parametri del 3% di deficit, cerca di far approvare il suo piano, che prevede altri 4 miliardi di tagli. Ma, ha avvertito Matignon, “non vogliamo mettere a terra la Francia”, cioè Parigi non andrà al di là di una riduzione dello 0,5% del deficit nei prossimi due anni (la Commissione chiede meno 0,8 per il 2016 e meno 0,9 per il 2017). Hollande ha bisogno di non scoprirsi troppo a sinistra, tra due anni ci sono le presidenziali. L’insofferenza verso Bruxelles prende anche aspetti inquietanti: in Gran Bretagna, a due settimane dalle legislative, David Cameron ha dichiarato di voler annullare la legge sui diritti umani, che obbliga i tribunali britannici a tener conto delle decisioni della Corte europea dei diritti dell’uomo. Era già successo con il mandato di arresto europeo, che Londra aveva denunciato. Cameron, per combattere Ukip, ha promesso un referendum sulla Ue per il 2017.