Esiste una connessione fra il cibo che consumiamo quotidianamente, il sistema di produzione alimentare industriale, l’inquinamento ambientale e le malattie croniche che affliggono la popolazione mondiale? Secondo Vandana Shiva «l’attuale emergenza sanitaria ha radici nello stesso sistema che ha contribuito alla crisi ecologica».

L’incontro per la redazione del «manifesto Food for Health», convocato a Firenze da Navdanya International, organizzazione presieduta dalla scienziata e attivista indiana, ha rappresentato l’occasione per riunire alcuni dei maggiori esperti mondiali, nei settori dell’alimentazione, della salute e dell’agroecologia, al fine di elaborare una via di sviluppo alternativa e sostenibile. Un incontro che avviene in un contesto dove i recenti dati sulla sostenibilità ambientale e sui rischi per la salute destano nuove preoccupazioni. I dati Ispra sulla contaminazione da pesticidi nelle falde acquifere italiane, e quelli della fondazione Ramazzini, sui danni che il glifosato comporta per l’organismo umano anche alle dosi consentite, non possono non essere messi in relazione alla Ue che conferma l’utilizzo del glifosato per altri cinque anni, nonostante la petizione Ice firmata da quasi un milione e mezzo di cittadini europei, e dal via libera alla fusione Bayer-Monsanto. Una situazione preoccupante, su cui aleggiano le politiche del presidente americano Donald Trump. Ma non tutto sembra andare nella direzione sbagliata: la stessa Ue vieta, infatti, tre pesticidi neonicotinoidi pericolosi per le api, la Fao sconfessa la green revolution, inserendo l’agroecologia nella sua agenda, mentre l’Ilo punta tutto sulla green economy, annunciando la creazione di 24 milioni di posti di lavoro entro il 2030. «Il manifesto intende ristabilire tutte le connessioni che il moderno sistema economico neoliberista ha interrotto – ci spiega Vandana Shiva dalle sale di Palazzo Budini Gattai in Firenze – poiché esiste una sola forma di salute, un solo pianeta e una sola umanità; l’ecologia stessa deve essere ridefinita guardando alle sue possibilità di creare occupazione».

Dottoressa Shiva, viviamo in periodo storico in cui esperti da tutto il mondo devono riunirsi per elaborare un documento pubblico per reclamare i diritti delle persone. Perché un Manifesto sul cibo e la salute?

Veniamo da un secolo in cui c’è stato un massiccio utilizzo di composti chimici tossici. Originariamente questi composti erano stati sintetizzati per le operazioni belliche, per uccidere insomma. Successivamente sono stati riadattati e rivenduti sul mercato come composti chimici per l’agricoltura, facendoci credere che senza chimica non ci sarebbe stata sicurezza alimentare. Ora stiamo scoprendo che il sistema agricolo che si basa sulla chimica e sui combustibili fossili presenta un elevato costo per il pianeta: l’inquinamento delle acque, la contaminazione del suolo, la perdita della biodiversità, i gas serra che producono instabilità climatica. Anche le emergenti malattie croniche, come il cancro, l’autismo, l’infertilità sono state associate agli agrotossici presenti nel cibo che consumiamo quotidianamente. Ogni malattia cronica può essere riportata alle tossine e al cibo privato dei suoi stessi nutrienti. I composti chimici utilizzati in agricoltura stanno danneggiando il nostro intestino uccidendo i batteri benefici di cui abbiamo bisogno. Nel nostro microbioma intestinale sono presenti miliardi di batteri che creano trasformazioni miracolose del buon cibo che mangiamo. Queste trasformazioni si traducono in buona salute ed è questo il motivo per cui il nostro intestino è definibile come il nostro secondo cervello. Hanno creato un’illusione, attraverso il controllo sulla scienza e sui media, che la produzione del cibo lasciata nelle mani dell’agribusiness e del Cartello delle multinazionali ci avrebbe nutrito. Ora sappiamo che quello che loro producono e immettono sul mercato non può essere definito neanche come cibo ma come meccanismo di creazione di malattie. Noi vogliamo attirare l’attenzione su questa emergenza sanitaria.

Qual è l’alternativa che intendete proporre con il Manifesto?

Vogliamo lavorare per un’agricoltura sostenibile e rigenerativa, per l’agroecologia dei sistemi locali di produzione alimentare unendo le forze con le persone che lavorano nell’interesse della salute pubblica: gli oncologi, i cardiologi, gli esperti di infertilità e gli ematologi, in particolare quelli che si occupano di interferenti endocrini. Vogliamo promuovere un singolo sistema di conoscenza per ricreare un pianeta salubre per la vita di tutti gli esseri, una comunità e una società sana, dove la nostra salute è tenuta in conto. Vogliamo ricreare tutte quelle connessioni spezzate dall’agricoltura industriale. Vogliamo valorizzare le migliori pratiche scientifiche, le migliori esperienze alternative e esprimere contestualmente la visione di un futuro in un momento in cui proporre nuove visioni è sempre più difficile. Non possiamo rinunciare al futuro e lasciarlo alla mercé di coloro che si sono già macchiati di crimini di ecocidio e genocidio per un intero secolo. Il futuro deve essere coltivato con amore, cura, conoscenza, democrazia, solidarietà e cooperazione. D’altra parte, esiste solo una forma di salute perché esiste solo un pianeta e una sola umanità. Le alternative esistono e si basano sul rigenerare la salute della terra tramite l’agroecologia, salvaguardare la biodiversità, promuovere filiere corte e sistemi alimentari a km km0. La salute, a partire da quella del suolo, fino a quella delle piante, degli animali e degli umani deve essere il principio organizzatore nonché il fine dell’agricoltura, del commercio, della scienza, della nostra vita e dei commerci internazionali. Esprimere tutto questo è l’obiettivo di questo manifesto.

In Italia e in Europa ha tenuto banco la vicenda del glifosato. Perché nonostante l’evidenza, che dimostra quanto il glifosato possa essere pericoloso per gli esseri umani e per il pianeta, nonostante il principio di precauzione che in teoria l’Ue dovrebbe applicare e nonostante la contrarietà espressa dall’opinione pubblica, il glifosato non è ancora stato bandito?

Il Round up non doveva essere inventato e il glifosato, il suo principio attivo, non doveva essere utilizzato in agricoltura. Parliamo di un composto chimico utilizzato originariamente per ripulire le tubature. Quasi per caso, durante una sua utilizzazione, alcune gocce caddero sul terreno distruggendo tutta la vegetazione circostante le tubature. E’ da questo banale episodio che la Monsanto ebbe l’idea di brevettare il composto e da allora hanno inondato il mondo di Round up. Come loro stessi hanno dichiarato, il Round up distrugge ogni cosa verde con cui viene a contatto. Il glifosato è il diserbante chimico maggiormente utilizzato al mondo ed è disegnato al fine dell’ecocidio. Hanno reso i campi coltivati e le nostre fattorie un terreno di guerra ma ora questa guerra si sta spostando nei nostri corpi. La Iarc, l’Agenzia internazionale per la ricerca sul cancro, ha denunciato come il glifosato sia probabilmente cancerogeno e immediatamente le multinazionali hanno attaccato le Nazioni Unite. Negli Stati Uniti ci sono migliaia di persone che si sono unite per denunciare la Monsanto accusandola di aver immesso sul mercato prodotti cancerogeni. I nuovi studi stanno dimostrando che anche ai cosiddetti “livelli di sicurezza”, il Round up sta distruggendo il microbioma intestinale.

L’Unione Europea ha recentemente dato l’ok alla fusione Bayer-Monsanto. Più influenza per le multinazionali significa meno diritti per i cittadini?

La fusione Bayer-Monsanto aggraverà il problema della manipolazione della conoscenza, in particolare quella scientifica. Questo è uno dei motivi per cui questa fusione deve essere fermata e devono essere create alternative. Quando diventeranno più grandi saranno anche più influenti sulle regolamentazioni. Quello di cui abbiamo bisogno sono nuove alleanze, fra cittadini e scienziati, fra i governi a tutti i livelli che devono salvaguardare la nostra salute bandendo gli agrotossici. Era il 1984 quando a Bhopal migliaia di persone furono uccise in una sola notte dai gas tossici sprigionati dalla fabbrica della Union Carbide, successivamente acquistata dalla Dow che in seguito si è fusa con Dupont. Oggi gli stessi soggetti che hanno portato gli agrotossici nell’agricoltura si stanno fondendo creando un cartello composto da tre grandi entità: Dow-DuPont, Syngenta-ChemChina, Bayer-Monsanto.

La fusione è stata appena approvata anche in India. Lei si era opposta chiedendo un’investigazione anche su alcune operazioni della Monsanto.

La Commissione sulla Concorrenza indiana ha rigettato la fusione in India e siamo ora nella fase dell’appello. La Monsanto ha prima denunciato l’antirutst indiano quando cercava di investigare sul monopolio dell’azienda sul cotone. Successivamente, per andare avanti nel processo di fusione, visto che la Bayer avrebbe ereditato una posizione di monopolio, la Monsanto ha venduto il suo business del cotone a un’altra compagnia. E’ interessante notare come questa compagnia sia stata creata da ex dipendenti della Monsanto. L’affare fra le due compagnie si è chiuso a 2 mila euro. Un business miliardario venduto per 2 mila euro? Si tratta ovviamente di una frode su cui è necessario investigare.

Lei si è occupata anche di Ogm. L’ingegneria genetica sembra puntare ora alla nuova tecnologia gene drives. Un ulteriore pericolo?

Con lo stesso livello di ignoranza su come funzionano le piante, gli organismi viventi, gli ecosistemi, la cooperazione fra le specie, le multinazionali vogliono compiere un nuovo passo nel percorso di imposizione del pensiero riduzionista meccanicistico militaristico all’agricoltura. Prima, quando volevano l’estinzione di una determinata specie, diffondevano il Round up. Ora passano al livello successivo, utilizzando la tecnologia gene drives. Le chiamano nuove tecnologie di selezione ma in realtà stanno trattando la vita come un programma di scrittura che puoi editare. E stanno già lavorando in tutti i paesi per prevenire normative a riguardo. Si tratta di tecniche inaccurate e di un attacco di una violenza inaudita allo stesso tessuto della vita. Per un gene che viene manipolato ci possono essere migliaia di modificazioni genetiche non desiderate. Creare alternative è un imperativo per la sopravvivenza dell’umanità. Reclamare la nostra conoscenza, la nostra democrazia le nostre regole, dal Cartello dei veleni delle multinazionali deve divenire un movimento di libertà globale.

La sua organizzazione, Navdanya, è nata oltre 30 anni fa per proteggere i contadini e i semi dai diktat della Green Revolution. C’è speranza per il cambiamento?

La voce dei movimenti di tutto il mondo ha finalmente raggiunto l’Onu. La Fao ha svolto la sua parte nel promuovere la Green Revolution e ora sta riconoscendo che non è questo il modo di nutrire il mondo. Sono infatti i piccoli agricoltori, gli impollinatori, la biodiversità, che nutrono il mondo. L’agroecologia è la scienza del futuro, al contrario della teoria dello sterminio, portata dall’industria chimica in agricoltura. Il fatto che l’agroecologia entri nell’agenda della Fao dimostra che c’è un cambiamento evolutivo in corso in quanto imperativo della conoscenza. Significa che i tentativi di ridurre al silenzio la conoscenza ecologica non hanno impedito l’apertura di una via per il futuro. È un’evoluzione che investe anche il mondo del lavoro. Pensiamo al fatto che la produttività, in un’economia basata sui combustibili fossili, definisce il lavoro come input. L’efficienza del sistema è quindi definita da quante meno persone sono impiegate nei suoi processi produttivi. Si tratta di un calcolo erroneo. Il lavoro per gli esseri umani non è un input ma un risultato, l’espressione della loro stessa umanità. In occasione dei cento anni dell’Ilo, è il momento che lo stesso concetto di lavoro sia ripensato e reclamato, è il tempo di capire che i piccoli agricoltori non devono necessariamente aspirare a un lavoro in una fattoria industriale. Dobbiamo rivendicare il lavoro dei piccoli produttori, specialmente quello delle donne, e il loro contributo all’economia. Dobbiamo reclamare il lavoro della terra, dei sistemi idrici e degli impollinatori. L’ecologia stessa deve essere ridefinita guardando alle sue possibilità di creare occupazione. Siamo in un momento evolutivo molto stimolante e i cambiamenti nella Fao, nella Wto e nell’Ilo sono rilevanti al contesto. Non pensiamo che le istituzioni nella loro interezza appoggeranno il cambiamento, parti di queste istituzioni continueranno a promuovere l’agenda del big business ma il contesto sta cambiando e questo cambiamento favorirà l’evoluzione.

Rimanendo in tema di politiche ambientali, preoccupa l’atteggiamento dell’amministrazione americana che annuncia tagli al budget della Nasa che investigava sui cambiamenti climatici. Cosa pensa della leadership di Trump in un momento in cui le problematiche ambientali sono universalmente riconosciute come prioritarie?

In una vera democrazia, dove responsabilità e diritti garantiscono equilibrio, certi tipi di leader non sarebbero arrivati al potere. Ma siamo anche in un momento storico in cui le politiche imposte dalla Wto e i trattati di libero commercio, che riconoscono il diritto alle multinazionali di denunciare i governi, a scapito delle regolamentazioni nazionali e a scapito di lavoratori e ambiente, hanno creato un terreno fertile per l’ascesa di questo tipo di leaders. È un fenomeno che accomuna molti paesi dove ciò che rimane della coesione sociale, dell’unità della conoscenza, della libera scelta, delle normative, è sotto attacco. L’attacco di Trump alla Nasa non è solo un attacco alle ricerche sul clima ma è un attacco alla conoscenza. Trump è il clone di molti altri leader in molti altri paesi: irresponsabilità totale per le questioni ambientali, nei confronti dei cittadini, un profondo conflitto di interessi in relazione ai suoi affari e ai suoi rapporti con le multinazionali. Il rischio è quello di veder smantellare i diritti che i cittadini hanno acquisito, fra cui il diritto al clima stabile, alla salute pubblica all’educazione alla democrazia e alla sicurezza.