Ho conosciuto Marceline Loridan-Ivens a Venezia nel 2007 in occasione della presentazione al festival de Il mio paese. Marco Müller (che ancora ringrazio per questo) le fece una telefonata calorosa per invitarla e lei non si fece pregare. Eravamo reduci da una estenuante trattativa, la produttrice Marta Donzelli aveva dovuto prendere l’aereo e andare da lei a mostrare taglio per taglio l’uso che intendevo farne. Io avevo bisogno di ampi stralci del film di Ivens L’Italia non è un paese povero, semplicemente perché il mio è nato indegnamente ma per filiazione diretta da quella gigantesca opera che Enrico Mattei, su consiglio di Valentino Orsini, aveva commissionato a suo tempo al «più grande documentarista vivente», appunto Joris Ivens.

C’era voluto un anno per convincerla, e lei aveva dato il permesso pochi giorni prima della proiezione ufficiale, facendoci tremare. Non aveva mai concesso a nessuno i diritti d’uso di quelle immagini. Avevo di lei una opinione enorme, perché Marceline è stata coautrice degli ultimi film di Ivens praticamente da quando lo conobbe nel 1963, in particolare aveva firmato la regia di un film che considero un po’ come la Cappella Sistina del documentario, Io e il vento, realizzato in Cina nel 1988. Ivens l’aveva concepito proprio come un congedo dal cinema, infatti gli aveva dato un titolo simile alla sua autobiografia del 1979: Io e il cinema, «decidendo» di morire appena chiuso il montaggio.

I due geni avevano in proposito di filmare il vento, realizzando una metafora incredibile dell’utopia e dell’urgenza che muove chi ha un desiderio irrefrenabile di esprimersi e di cambiare il mondo. Quindi la incontrai all’aperitivo organizzato dalla mostra. Aveva un bicchiere di bianco in mano, probabilmente ne aveva bevuti già un certo numero, e mi accolse con un abbraccio che mi stupì e mi riempì di un calore immenso. Una donna straordinaria, sopravvissuta ad Auschwitz, con una grandissima esperienza di vita e di cinema sulle sue spalle minute, e nei suoi occhi giganti tutto il disincanto di chi ne ha viste molte, ma non abbastanza da non continuare a godersi la vita. Il nostro fotocall finì su molti giornali, in particolare su quelli cinesi dove lei e Ivens sono considerati degli eroi nazionali.

Che dire? Marceline è morta l’altro ieri, ora è eterna come Joris, e noi le rendiamo omaggio dal profondo del nostro cuore.