Ha suscitato commozione quasi unanime, la morte di don Andrea Gallo. Diciamo quasi perché, tra i numerosissimi messaggi di cordoglio, non se ne conta nessuno proveniente dal mondo della destra (con l’eccezione del laconico «che Dio lo accompagni» di Alessandra Mussolini) o dal centro cattolico. Poco male. A commemorare il prete disobbediente è stato il mondo della sinistra, istituzionale e non, dai suoi «ragazzi» della Comunità di San Benedetto al Porto al movimento No Tav («è morto un partigiano della valle»), fino al segretario del Prc Paolo Ferrero, a quello di Sel Nichi Vendola fino a Pier Luigi Bersani e il capogruppo dei Cinque Stelle Vito Crimi. E poi, il sindaco di Milano Giuliano Pisapia, quello di Napoli Luigi de Magistris («Mi mancherà lui, mi mancheranno i suoi occhi birichini, mi mancheranno le sue battute. Quello di cui però sono orgoglioso è che potrò portare con me i suoi preziosi insegnamenti») e naturalmente quello di Genova Andrea Doria che ne ha sottolineato il suo «andare in direzione ostinata e contraria», il presidente della Regione Liguria Claudio Burlando che lo ha immaginato insieme a un altro storico personaggio della Genova del dopoguerra: il leader dei camalli Paride Batini, protagonista della rivolta del 1960.

Dal governo, a ricordarlo è stata la ministra per l’Integrazione Cécile Kyenge: «Una voce indipendente e preziosa, un uomo che con il suo operato ha sempre messo al centro le persone insegnando con azioni dirette, che non esistono emarginati o ultimi ma che la nostra società deve fondarsi sul coraggio delle parole e sull’ascolto reciproco: una tensione verso l’altro che deve essere tradotta in atti di concreta vicinanza». «Parafrasando le parole di Don Gallo – ha proseguito Kyenge – la cosa più importante è che tutti noi si agisca perché i poveri abbiano parola».

Ma a salutarlo non è stato solo il mondo della politica. Da Jovanotti a Fabio Fazio (che ha citato Il testamento di Tito di un altro anarchico genovese, Fabrizio de Andrè: “Nella pietà che non cede al rancore” Andrea ci ha insegnato l’amore. Il sorriso di don Gallo rimarrà con noi»), a Roberto Saviano e a un altro genovese doc come Gino Paoli, insieme al quale ha girato per i carrugi un docu-film, «Tutta colpa del paradiso»: «Girare per i vicoli con lui è stato uno spasso. Non c’era una puttana, un trans o un drogato che non lo conoscesse e, a suo modo, non lo adorasse». Fino al saluto delle due squadre di calcio cittadine (nei giorni scorsi don Gallo aveva incontrato l’allenatore del Genoa Ballardini): sul sito del suo Genoa campeggia una scritta, «Ciao Don, ti sia lieve la terra», ma anche gli avversari della Sampdoria lo hanno ricordato.

Profondo cordoglio anche nel mondo della Chiesa di base. Da don Alessandro Santoro, prete fiorentino delle Piagge che mercoledì mattina era stato a visitarlo («è morta una delle persone più importanti che c’era in Italia. Era un uomo vero, libero, un uomo del Vangelo, capace di non rimanere costretto nelle solite logiche, sapeva stare dentro la storia degli umani a piedi scalzi») a don Maurizio Patriciello, parroco di Caivano (Napoli) impegnato contro i roghi tossici di rifiuti nella cosiddetta «terra dei fuochi», che pure non ne condivideva molte posizioni. Sento una grande commozione per la scomparsa di don Andrea Gallo, figura di straordinario rilievo nella storia della città.