Aveva un sorriso largo e generoso, Alessandra Capone, scomparsa nella notte tra giovedì e venerdì all’età di 48 anni a causa di un cancro.

Tra le sue doti rare c’era quella di nominare con esattezza quanto, dal 2010 e con alterne vicende, le fosse capitato. Non per cinismo ma per amore della realtà.

Anche la malattia è stata questione cruciale di giustizia e verità, la stessa che dal suo essere qui e ora nel presente lei spandeva nei riguardi di quanto non le andasse bene: se negli ultimi anni conservava la chiara e salda convinzione di condividere il proprio percorso terapeutico, aiutando tantissime persone che si trovavano nelle sue stesse condizioni, altrettanto portava avanti le battaglie contro le diseguaglianze e le violenze.

Alessandra Capone ha avuto una vita piena e dotata di senso critico perché alle parole rispondono gli atti, come quello di aver scelto, tra le cause per cui spendersi, quella palestinese: i suoi viaggi a Gaza e in Cisgiordania; l’amicizia, grandissima, con Vittorio Arrigoni; il suo impegno in Italia (a Roma in particolare) per raccontare le radici di un’ingiustizia che sentiva profondamente sua.

O atti come quelli legati alle manifestazioni accanto alle proprie sorelle. Atti che generano amore: ieri la sua bacheca Facebook, per anni luogo di incontro, confronto, racconto della malattia e sostegno a distanza, è diventata patrimonio di tutte e tutti, palestinesi, italiani, che hanno tentato di farne voce per esprimere un dolore destabilizzante.

Alessandra è stata una compagna, se a questa espressione si attaglia lo scintillio del riconoscimento degli ultimi, del partecipare alla esistenza del proprio prossimo, è stata sì una compagna verso cui avere gratitudine se si tiene conto che il lancio del suo crowdfunding per pagare i trattamenti che da circa un anno faceva in Germania per contrastare le metastasi hanno ottenuto il sostegno di molti sostenitori e sostenitrici.

Aveva uno spirito guerriero ancor prima di averlo messo alla prova con il cancro. L’essere guerriere per lei è stato proporzionale a un appassionamento riguardo il mondo, questo mondo grande e terribile su cui ha ballato grazie al flamenco. Calore, rose rosse e stelle danzanti possano allora accompagnarla in questo nuovo suo viaggio, ingiusto per sé e per chi l’ha amata ma che la restituisce alla leggerezza dell’anima senza peso.

Ciao Ale, questo è il saluto del manifesto, che tu possa ballare anche adesso libera e nel cuore di chi ti custodirà. Un abbraccio forte alla famiglia, le amiche e gli amici, i compagni e le compagne di viaggio,