Una rassegna densa di sorprese è CiakPolska dall’8 al 17 novembre con nuovi film polacchi della stagione alla Casa del Cinema di Roma e una retrospettiva dal titolo «Lo sguardo proibito» dal 12 al 17 novembre di film proibiti durante il comunismo a celebrare la caduta del Muro.Un programma che si tiene al Palazzo delle Esposizioni in cui si alternano i celebri nomi di Skolimowski, Zulawski, Kieslowski, Agnieszka Holland.

All’inizio degli anni Ottanta decidemmo di intraprendere un viaggio attraverso i paesi dell’est per incontrare i grandi maestri del cinema e le nuove generazioni di cineasti proprio nel periodo più complicato: giornalisti occidentali persone non grate ai festival in Cecoslovacchia, divieti aggirati in Ungheria, il paese più simile all’Italia in quanto ad accomodamenti, confini chiusi per lo stato di guerra in Polonia. La difficoltà in ogni paese era non fare domande scomode ai registi perché non avessero problemi con le autorità, ma farle ugualmente. In certe case venivano accesi i televisori («tanto c’è sempre solo il circo di Mosca») a fare da rumori di disturbo, o en plein air dove certo non potevano esserci microfoni nascosti. Solo dopo la caduta del muro abbiamo scoperto varie cose insospettabili come ad esempio, che i registi intervistati dovevano ogni sera mandare un report di quanto era stato detto. Ma pur con la nostra ingenuità continuavamo a fare domande a cui alle volte ci veniva risposto con una panoramica storica ad evitare argomenti scomodi. E si imparava a leggere tra le righe dei curriculum: i film proibiti semplicemente venivano cancellati dalle filmografie ufficiali, delle date meglio non fare caso.

Il programma che Ciak Polska (organizzato da Istituto Polacco di Roma e Corto Italia Cinema) propone quest’anno ci riporta a quell’epoca, in cui eravamo convinti che in ogni caso i registi polacchi fossero ben più astuti dei burocrati e attraverso la loro abilità nel mettere in scena allusioni e sottotesti, intrecci metaforici così alti da non essere compresi negli uffici dei censori potessero fare più o meno quello che volevano. Così era stato infatti all’epoca dell’imposizione del realismo socialista da parte delle direttive sovietiche, subito respinto dagli artisti polacchi (oltre che boemi e ungheresi).

WAJDA
Il primo indizio che i fatti erano più complicati venne da Andrej Wajda, autorevole punto di riferimento: l’Uomo di Marmo, ci disse, era un soggetto che giaceva da anni del cassetto e ogni volta veniva rigettato: infatti solo al limite del movimento di Solidarnosc si poté realizzare. All’epoca neanche sarebbe stato possibile accennare all’episodio di Katyn, la strage di ufficiali di cui fu vittima anche il padre e che poté realizzare solo negli ultimi anni della sua vita, così come Powidoki (Il ritratto negato) nel 2016 è il racconto esatto della situazione di artisti e familiari sotto stretta sorveglianza.

BUGAJSKI
Al limitare di Solidarnosc uno dopo l’altro si faceva largo il non detto, emergevano nomi di artisti supercensurati come Ryszard Bugajski di cui fu non solo bloccato il suo L’interrogatorio (Przesluchanie) uscito poi solo nell’89, bollato di «antisocialismo», ma gli fu impedito anche di lasciare il paese. Ambientato a Varsavia negli anni cinquanta era il primo film dell’Europa dell’est, ci diceva, «ad avere come esplosivo soggetto le atrocità commesse dalla polizia durante lo stalinismo». Lo interpretava quella che sarebbe diventata il volto del nuovo cinema, Krystyna Janda imprigionata e torturata al suo rifiuto di testimoniare in un finto processo contro un suo amico ufficiale dell’esercito». Pur difeso da Wajda anche il film finì in cella (il film è in programma in chiusura il 17 novembre alle ore 18)

SKOLIMOWSKI
Che Skolimowski fosse censurato era come appuntargli sul petto un’altra medaglia, appassionato di boxe e di jazz (amico di Komeda, la colonna sonora dei film polacchi degli anni ’60), outsider che in una notte aveva scritto la sceneggiatura di Ingenui perversi di Wajda, il capolavoro di Polanski Il coltello nell’acqua e realizzato il film di diploma Rysopis con spezzoni di film senza che nessuna commissioni potesse controllare. Ma non l’aveva fatta franca nel prendere in giro Stalin (Mani in alto! 1967). Piuttosto che tagliare la scena incriminata di facile individuazione – la nostra copertina – preferì restare all’estero dove si trovava e non fare uscire il film che fu proiettato per la prima volta nell’81 quando Wajda era direttore dell’associazione dei cineasti (il film è in programma il 12 novembre alle ore 21 al palazzo delle Esposizioni).

Aleksander Ford, uno dei maestri di Polaski alla scuola di cinema, l’autore di I cinque della via Barska presentò alla Mostra di Venezia nel 1958 L’ottavo giorno della settimana che fu bandito in Polonia per le descrizioni troppo realistiche delle condizioni sociali e proiettato in pubblico per la prima volta nell’83. Non alla presenza del regista che era morto suicida in Florida, fuggito negli Usa per la campagna antisemita del ’68 (il film è in programma il 13 novembre alle 21). Circa trent’anni dopo la stessa accusa di mostrare troppo da vicino i limiti della società socialista bloccò il film di Agieszka Hollad Una donna sola (Kobieta samotna, 1981) che abbiamo intervistato perché ci racconti tutte le circostanze della censura che la colpì (in programma il 15 novembre alle 21)

È senza mezzi termini una presa in giro del sistema socialista La crociera (Rejs, 1970) di Marek Piwowski, uno dei film di culto di questa rassegna, una parodia del sistema politico in Polonia girata in stile documentaristico con attori per lo più non professionisti: un clandestino che vuole approfittare della crociera sulla Vistola è scambiato dal comandante per un funzionario del partito comunista, equivoco da cui scaturiscono situazioni paradossali. Invece di censurarlo, il film fu distribuito ma, con tipico humour nero, in sole due copie. Diventò subito famoso.
Sembrava intoccabile anche Kieslowski, il regista più distribuito all’estero, famosissimo e amato in occidente, ma nel ’76 era ancora considerato un grande documentarista (Amator, Il cineamatore è del ’79) ma un film per la tv Spokoj (La tranquillità, ’76) fu bloccato per quattro anni: è la storia di Antek (Jerzy Stuhr, ospite del festival) che uscito di prigione vuole solo una vita tranquilla e va a lavorare in un cantiere in Slesia ricostruendo la sua vita, ma avvengono dei furti di cemento e mattoni (materiale emblematico del cinema polacco) e il capo che fa affari sottobanco, comincia a sospettarlo, così come i compagni di lavoro sospettano che lui faccia la spia. Il film, considerato anticipatore dell’«inquietudine morale» fu proiettato in prima televisiva solo nel 1980 e fu premiato a Gdynia nel 1981 (sabato 16 alle ore 18).

Emigrò definitivamente in Francia Zulawski che già aveva diretto La terza parte della notte (’71), dopo il caso creato da quell’oggetto oscuro che è Diabel (Il diavolo, 1972), in programma sabato 16 alle ore 21, l’orrore nella Polonia del 1793, un poliziotto come il diavolo in persona, film inaccettabile dal regime, fosse anche sotto forma horror.