Quando dovrebbe essere al lavoro l’utopia concreta dei costruttori, l’assenza di un infaticabile costruttore (di nessi culturali come di rapporti personali), di un intellettuale partecipe e appassionato, come il nostro Benedetto Vecchi, si fa sentire ancora più forte.

Quando a un giornale di approfondimento manca il contributo quotidiano di un animatore culturale come Ben, si crea un vuoto che non si può colmare. Lo possiamo solo rimpiangere, come accade ogni giorno da quel funesto 6 gennaio 2020, e lo possiamo ricordare innanzitutto ridandogli la parola attraverso la sua coinvolgente ultima, inedita, riflessione sulle potenzialità e sulle trappole delle Tecnoutopie, titolo del suo lavoro di ricerca condensato nel libro in uscita per DeriveApprodi.

(leggi lo speciale su Benedetto)

Benedetto era uno studioso con le carte in regola per farci capire la natura dei nuovi movimenti globali nell’epoca del capitalismo delle piattaforme, per portarci dentro le sinapsi della società «liquida», per sostenere le battaglie sulla proprietà intellettuale dei brevetti. Una inesauribile mappa dei saperi nutrita di smisurate letture, di grandi interviste internazionali.

Nelle pagine che lo ricordano si prende lo spazio che merita anche l’infuocata passione di Ben per la narrativa noir, secondo lui «un artificio per mantenere alto il tasso di passione civile e di denuncia delle grandi e piccole malefatte della società capitalistica».

Una passione che ne faceva lo scopritore e il promoter di nuovi scrittori del genere dedicandogli le pagine culturali dell’estate.

E noi, in questo freddo e drammatico inverno, dominato dalla peste del secolo, cercheremo di camminare ancora insieme a lui.

(leggi il ricordo di Matteo Bartocci sul manifesto del 6 gennaio 2021)