La versione integrale di questa intervista sulla Siria a Noam Chomsky – uno dei più noti dissidenti politici statunitensi, linguista filosofo e teorico della comunicazione, professore emerito al MIT di Boston – è apparsa sul magazine on line Counterpunch (www.counterpunch.org). Frank Barat è il coordinatore del Tribunale Russell sulla Palestina.

Professor Chomsky qual è secondo lei la posta in gioco in Siria in questo momento? E cosa significa più in generale per tutto il Medio oriente?

La Siria sta precipitando rapidamente verso la propria autodistruzione. È una storia terrificante che sta diventando via via sempre più drammatica. E non vedo nessuna speranza all’orizzonte. Se questa situazione continua, molto probabilmente la Siria verrà divisa in tre parti, con la regione kurda – che è già in via di formazione – che potrebbe separarsi diventando parte della semiautonoma regione del Kurdistan iracheno, forse con qualche tipo di accordo con la Turchia. Il resto del paese verrà diviso in due: da una parte una regione dominata dal regime brutale e terrificante di Assad, dall’altra un’area controllata dalle varie fazioni armate, che vanno da quelle più estremiste e violente fino a quelle laiche e democratiche. Nel frattempo Israele sta a guardare e si gode lo spettacolo degli arabi che si massacrano tra loro.

E gli Stati uniti?

E agli Stati uniti va bene così perché, in realtà, non auspicano un’altra soluzione. Infatti se gli Stati uniti e Israele avessero voluto sostenere i ribelli contro Assad – cosa che non hanno voluto – avrebbero potuto farlo anche senza ricorrere all’intervento militare. Per esempio se Israele mobilitasse il suo esercito nelle alture del Golan (che sono siriane), Assad sarebbe costretto a trasferire al Sud più truppe, indebolendo i fronti con i ribelli. Ma non accade nulla di tutto questo. Gli Stati uniti non stanno fornendo neppure tutti gli aiuti umanitari necessari all’enorme massa di rifugiati siriani che stanno pagando le conseguenze di questa tragica situazione. Né si adoperano a effettuare le cose più semplici per alleviare le condizioni della popolazione civile. (…) Questo ci dimostra che Stati uniti e Israele vogliono che accada esattamente quanto sta avvenendo sotto i nostri occhi. Tutto il resto è finzione.

Ritiene che gli Stati uniti prima o poi interverranno con un bombardamento in Siria?

Il dibattito che si è scatenato a questo proposito è molto interessante. L’estrema destra e gli ultra-reazionari del partito repubblicano si oppongono all’intervento militare. E non per ragioni che condivido, come per esempio quelle umanitarie. La loro tesi è: «Perché mai dobbiamo dedicarci a risolvere i problemi degli altri e sprecare così le nostre risorse? Chi resterà a difenderci quando noi saremo attaccati?». Sono queste le loro argomentazioni contro la guerra. Poi c’è una destra «moderata», rappresentata per esempio dalle posizioni di David Brooks, commentatore conservatore del New York Times. Secondo lui il l’intervento degli Stati nella regione mediorientale, Iraq in primo luogo, ha e ha avuto un effetto «calmante» o «deterrente» e dunque senza truppe la situazione non può migliorare. Questa è la tesi standard, prevalente sia nella destra moderata che in alcuni settori liberal democratici. Tutti si chiedono se dovremmo esercitare la nostra «responsabilità di proteggere», per esempio, dall’uso delle armi chimiche. Ma se guardiamo a cosa ha portato davvero nella storia la «responsabilità di proteggere» degli Stati uniti, il fatto che queste parole possano anche solo essere accostate tra loro dimostra tutta l’ipocrisia della cultura morale e intellettuale dell’Occidente.
Tutto questo senza considerare che intervenire sarebbe un’enorme violazione delle leggi internazionali. L’ultima tesi di Obama è quella di non essere stato lui ad aver stabilito una «linea rossa» oltre la quale bisogna intervenire militarmente, ma lo ha fatto l’umanità approvando il bando universale delle armi chimiche. Beh, se parliamo dei trattati internazionali, Israele non li ha proprio firmati. E gli Usa per esempio li hanno bellamente ignorati quando assistevano Saddam Hussein che le armi chimiche nel suo paese le ha usate davvero, con il sostegno dell’amministrazione Reagan. Salvo poi prendere a pretesto pochi anni dopo l’uso di quelle stesse armi per l’invasione dell’Iraq. E poi, naturalmente, queste convenzioni non hanno meccanismi che impongono il rispetto dall’esterno.

Dunque secondo lei questa «responsabilità di proteggere» non esiste.

È una frode perpetrata alla cultura occidentale. L’unica evidenza di questa idea è in una risoluzione dell’assemblea generale dell’Onu che parla sì di «responsabilità di proteggere» dalle armi chimiche ma non autorizza in nessun modo gli stati membri a intervenire con la forza fuori dallo statuto delle Nazioni unite. Esiste poi un’altra motivazione, adottata solo dall’Occidente, cioè dagli Usa e dai loro alleati, che è unilaterale e sostiene che «un intervento militare delle organizzazioni regionali nelle aree di loro competenza è possibile anche senza l’autorizzazione del consiglio di sicurezza dell’Onu». Tradotto: gli Stati uniti e la Nato possono intervenire militarmente quando vogliono. Se non fosse tragico sarebbe una farsa.