Nella domenica di attesa per la sentenza del processo Raggi, Luigi Di Maio oltre ai giornalisti immaginari, ha dovuto contrastare anche il realissimo sindaco di Milano Beppe Sala, molto disinvolto nel chiarire la propria posizione riguardo le eventuali chiusure domenicali dei negozi. Il primo cittadino di Milano ieri durante un convegno non aveva usato mezzi termini: «Negozi chiusi la domenica? Lo facessero ad Avellino, qui a Milano non ci rompano le palle».

Di Maio ha risposto sul social network Twitter – diventato ormai un’arena 2.0 per i politici nostrani, dove punzecchiarsi, litigare o – specie nel caso dei 5s – sfogare la propria rabbia e frustrazione contro chiunque non si esprima a loro favore – rispondendo: «Per il sindaco di Milano Sala i diritti delle persone sono una rottura di palle. Nessuno vuole chiudere nulla a Milano nè da nessun altra parte, ma chi lavora ha il diritto a non essere più sfruttato. Questo rompe le palle a un sindaco fighetto del Pd? E chi se ne frega!».

Registrando il reiterato uso del «me ne frego» così caro a Salvini, il vice premier pensava forse di aver chiuso la singolar tenzone. Ma Beppe Sala – che oltre alla colorita espressione aveva anche giustificato la sua uscita perché «noi abbiamo un modello che funziona e 9 milioni di turisti» – ha già mostrato di saper essere tignoso quanto basta e si sa che – spesso – la spocchia a Cinque Stelle rende molto complicato il silenzio, spingendo quasi sempre a replicare.

E infatti Sala ha replicato, questa volta su Twitter: «Quando il Ministro Di Maio avrà lavorato nella sua vita il 10% di quanto ho fatto io, sarà più titolato a definirmi “fighetto”. Non ho altro da aggiungere».