Forse è l’Austria il badile con cui l’Europa (anche monetaria) si sta scavando la fossa da sola. Le ragioni umanitarie questa volta non c’entrano, contano i soldi, ovvero l’unico motivo per cui l’era di Schengen era stata spacciata come il sogno dell’Europa unita e senza confini. A quasi venti anni dall’eliminazione delle barriere, il governo di Vienna deve aver fatto male i conti sui costi della nuova blindatura delle sue frontiere: la Camera di commercio austriaca ha stimato per il proprio paese un danno di circa 1,2 miliardi di euro. Questo è niente.

Ricacciare indietro i profughi per Vienna potrebbe non essere solo un problema di coscienza, però danneggerebbe le relazioni con l’Italia: sulla direttrice del Brennero infatti transitano 523 veicoli pesanti l’ora e ogni anno – solo calcolando l’export del nordest – per quella via circa 30 miliardi di euro vanno in direzione del nord Europa. Per l’economia italiana sarebbe un colpo ancora più duro.

Luigi Curto, presidente della Confartigianato Imprese Veneto, è preoccupato per gli affari e ragiona come uno statista di livello europeo. “La chiusura del Brennero – dice – ha una chiara finalizzazione populista e risponde, in modo per giunta infantile, ad un problema tutto politico e legato alle elezioni in atto in Austria. E’ infatti chiaro che non è così che si risolve il problema epocale dell’immigrazione che troverà certamente altre strade. A bloccarsi al nuovo muro saranno solo le nostre merci. Con il vero risultato concreto del gravissimo danno per l’economia e per i trasporti, ma anche per l’Unione perché è il simbolo dell’integrazione europea”.

Oltre un quarto dell’export manifatturiero viene indirizzato proprio verso quei paesi che si stanno blindando in violazione del trattato di Schengen. Secondo uno studio della Confartigianato, il rallentamento del trasporto merci al Brennero causerebbe una forte perdita di competitività in una fase di ripresa ancora debole. Su quella direttrice viaggia il made in Italy del nord est (Veneto, Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia e Trentino) verso Austria, Germania, Belgio, Paesi Bassi, Danimarca, Norvegia e Svezia. “L’export verso questi paesi – spiega Curto – vale 30.057 milioni di euro che rappresentano il 34,3% degli 86.603 milioni di euro del totale Italia verso queste aree e il 23,3% delle esportazioni nel mondo”. La quota più alta proviene dal Veneto con 12.766 milioni, seguono Emilia Romagna (11.480), Friuli Venezia Giulia (2.967) e Trentino (2.845). “Spero – aggiunge Curto – che la Commissione europea reagisca prontamente con una procedura di infrazione se le misure austriache si dovessero rivelare sproporzionate, cioè in violazione con i criteri del codice Schengen”.

Le statistiche dicono anche che il Brennero è il valico alpino con il più alto traffico di merci su strada (29 milioni di tonnellate, cui bisogna aggiungere gli 11,7 milioni di tonnellate che circolano su rotaia). Nel 2015 l’autostrada del Brennero ha registrato un volume di traffico pesante di 1.274,9 milioni di veicoli (pari al 7,1% del traffico autostradale di camion in Italia). Rallentare la circolazione di merci ha un costo che a catena potrebbe coinvolgere tutto il comparto del commercio arrivando a penalizzare anche i consumatori. Un calcolo è stato fatto dall’associazione degli autotrasportatori del Belgio: ogni ora di lavoro costa circa 60 euro, un ritardo di 2 ore comporta un aumento del noleggio del 10% che, nel medio e lungo periodo, ricadrà sui prezzi dei prodotti, all’ingrosso e al dettaglio.