Terza stretta nel giro di cinque giorni. L’Italia è da oggi, per due settimane, una sola zona rossa. Lo ha annunciato il premier Giuseppe Conte, in diretta, al termine di una giornata di pressioni ed esitazioni: «È il momento di fare un altro passo, quello più importante». Significa chiusura di tutte le attività commerciali tranne alimentari di prima necessità e farmacie. Le industrie resteranno aperte, ma solo con eccezionali misure di sicurezza. I trasporti pubblici saranno invece garantiti. Nominato anche il supercommissario, l’attuale capo di Invitalia Domenico Arcuri. Non sarà troppo super: gestirà il coordinamento delle attività sanitarie e in particolare degli acquisti.

A INSISTERE PER l’inasprimento non erano solo le regioni del nord e la Sicilia ma anche l’intera opposizione, Italia viva all’interno della maggioranza, il ministro della Salute Roberto Speranza. L’ipotesi iniziale, quella di limitare la zona rossa alla Lombardia e alle regioni del nord, si è rivelata impraticabile alla luce delle norme, vagliate per tutto il giorno dagli uffici legislativi del Quirinale. Impossibile dividere così il territorio nazionale. Per tutto il giorno Conte ha provato a resistere, preoccupato soprattutto per gli altissimi costi che una misura così estrema certamente comporterà. Ma l’ultima parola la ha avuta il drammatico, anzi tragico bollettino di guerra di ieri. Di fronte a un virus che non arretra, anche Conte si è deciso.

È L’ULTIMO ATTO di una giornata convulsa su tutti i fronti, anche su quello delle scelte economiche. La cortina di ferro del 3% è stata infranta. Lo scostamento dal bilancio per 20 miliardi, pari all’1,1% del Pil, porta il rapporto deficit/Pil al 3,3%, oltre il tetto fissato da Maastricht. Nella lettera del ministro dell’Economia Roberto Gualtieri al vicepresidente della commissione Valdis Dombrovskis si parla in realtà di 2,7%: questo perché per ora verranno usati solo 12 miliardi mentre il resto verrà accantonato in vista di interventi futuri che potrebbero non essere necessari o parzialmente coperti dalla Ue (eventualità più realistica). Accortezze diplomatiche. Il dato è che ieri il Senato ha votato all’unanimità uno sforamento di oltre il 3%. Ma c’è di più. L’inosabile è stato osato con il beneplacito della Commissione Ue e anzi su spinta della presidente della Bce Lagarde. È stata lei, nel vertice straordinario dei leader europei in videoconferenza di martedì, a irrompere richiamando tutti a un senso di responsabilità latitante: «Si rischia una crisi paragonabile a quella del 2008».

Il risultato è il messaggio diffuso in italiano via Twitter ieri pomeriggio da Ursula von der Leyen, la presidente della Commissione: «Non siete soli. In questo momento in Europa siamo tutti italiani». E poi, passando all’inglese: «La commissione farà di tutto per sostenervi». Conte duetta: «Bce e Ue pronte a fare la loro parte». Subito dopo il premier italiano e von der Leyen firmano un comunicato congiunto il cui senso è chiaro: l’Europa dopo settimane di letargo si è svegliata. «La crisi è globale ed europea. Richiede una risposta forte. La Commissione darà all’Italia tutta la flessibilità prevista dal Patto di stabilità e gli aiuti di Stato per circostanze eccezionali. Ci saranno iniziative per la liquidità degli investimenti», scrivono.

SENZA LA SPONDA Lagarde-von der Leyen il governo italiano avrebbe comunque alzato l’asticella del deficit. Gualtieri pensava di fermarsi intorno agli 11 miliardi, a ridosso del limite del 3%. La spinta europea, della quale si era fatto portavoce anche il commissario Paolo Gentiloni, ha chiarito che si poteva andare oltre e ieri mattina, a sorpresa, Conte e Gualtieri hanno annunciato una stanziamento molto superiore a qualsiasi previsione: 25 miliardi, di cui 20 in deficit. Subito saranno appunto usati solo 12 miliardi, per le misure di sostegno immediato già più volte annunciate e confermate ieri al Senato da Gualtieri, che le ha catalogate in 4 settori portanti: sanità, sostegno al lavoro e al reddito, sostegno alla liquidità e sospensioni sulle scadenze fiscali. Confluiranno in un decreto che il governo varerà venerdì mentre i restanti 13 miliardi andranno a copertura degli eventi futuri. Non basteranno: infatti lo stesso Gualtieri anticipa la possibilità di rivedere ulteriormente il bilancio con il Def di aprile.

IL VOTO UNANIME è l’ennesima sorpresa della giornata. In realtà, nonostante i ruggiti di Salvini al termine dell’incontro tra governo e opposizione, era evidente che il vertice era andato meglio di quanto i leader ammettessero e che la destra intera avrebbe votato a favore dello sforamento. A maggior ragione dopo l’impennata dello stanziamento e del deficit, anche se il leghista Bagnai nell’aula del Senato afferma che «si è persa un’occasione storica: bisognava sforare sino al 7% del Pil come in Francia». Ma è un fatto che per la prima volta una parvenza di disgelo, o almeno di tregua per fronteggiare il virus, ieri si è registrata.