Il bla bla bla è arrivato all’atto conclusivo, ieri, con la conferenza stampa finale della PreCop26: «La discussione è stata estremamente costruttiva perché abbiamo avvertito l’urgenza, l’emergenza di agire prima. I messaggi fondamentali che sono emersi dalla conferenza e che tutti hanno riconosciuto è che Cop 26 sarà fondamentale per il prossimo decennio; abbiamo raggiunto il consenso sul fatto che occorre fare di più per mantenere il riscaldamento globale entro 1,5°C e aumentare i contributi determinati a livello nazionale nel futuro» ha detto Alok Sharma, presidente designato della Cop 26, già Segretario di Stato per gli affari economici, l’energia e la strategia industriale del Regno Unito. Peccato che i contributi siano piani per la riduzione delle emissioni non vincolanti.

EPPURE – AD ASCOLTARE la conferenza stampa – la PreCop26 di Milano pare aver fatta propria l’agenda dei movimenti, che hanno contestato dal primo giorno l’appuntamento istituzionale. «L’energia che è arrivata dai giovani (i 400 delegati che hanno partecipato allo Youth4Climate, tra loro Greta Thunberg, ndr) ha galvanizzato il gruppo di ministri. Nelle prossime settimane, prima di Cop26, dobbiamo ricordare quello che ci hanno detto i giovani e pensare a quella che potrebbe essere la loro reazione ai risultati che raggiungeremo con Cop26» ha aggiunto Sharma.

TRA I GALVANIZZATI C’È ANCHE il ministro italiano della Transizione ecologica, Roberto Cingolani: pur continuando la sua narrazione contro i giovani che protestano, perché «è importantissimo che lo facciano» ma «è altrettanto importante che la protesta si trasformi in proposta», alla conferenza stampa fa propria una delle chiavi dei movimenti per la giustizia climatica: «C’è stata una dichiarazione molto chiara che sarà impossibile investire in attività correlate con i combustibili fossili. Cerchiamo di disincentivare qualsiasi investimento in ricerca ed estrazioni di fossili» ha detto. Salvo poi sottolineare che «è impossibile raggiungere subito zero investimenti, perché la transizione implica che per un certo lasso di tempo ci sarà coesistenza tra rinnovabili e fossili». Manca una data di scadenza, per le trivelle. Non è che detto che sarà Glasgow a determinarla, anche se l’urgenza c’è.

LA CONFERENZA STAMPA finale è stata l’occasione per alcuni Paesi di intervenire: l’inviato speciale del presidente Usa per il clima, John Kerry, ha detto: «Scendere ben sotto a un aumento di temperatura di 2 gradi non significa ridurla di 1,9 o 1,7 gradi, ma almeno di 1,5 gradi. È un obiettivo che possiamo raggiungere, ce lo chiede la scienza». Per Kerry, Glasgow sarà «la linea di partenza di quella che sarà la gara del secolo». Per gli Stati Uniti d’America «ciascuno deve fare la sua parte», in primis «i Paesi del G20, i 20 Paesi più ricchi del mondo che assicurano l’80% delle emissioni del pianeta, e dobbiamo capire che siamo tutti sulla stessa barca, che nessun Paese piccolo può da solo affrontare la questione, ma neanche nessun Paese grande da solo». Kerry si è detto fiducioso anche di un accordo con la Cina.

GLI HA FATTO ECO il vicepresidente della Commissione europea Frans Timmermans: «Dobbiamo cambiare. E dobbiamo cambiare rapidamente ogni cosa. Ogni governo ha la responsabilità di agire».

IERI È STATO PRESENTATO anche il documento della Climate Open Platform, una rete che raccoglie oltre 130 organizzazioni. È una «Dichiarazione per il futuro» e ha ambizioni più alte di quelle della PreCop: chiede il riconoscimento nel diritto internazionale del «diritto umano al clima», una carbon tax globale, il passaggio dalla fonti fossili alle fonti rinnovabili, aiuti ai Paesi poveri per la crisi climatica (questi sono stati promessi), una pianificazione industriale statale green. Alcuni dei punti chiave erano stati consegnati anche a Mario Draghi, giovedì mattina, dalla delegazione di Fridays for Future. «Siamo la generazione senza futuro, che vive e vivrà sulla propria pelle gli effetti sempre più intensi della crisi climatica» dichiarano le attiviste e gli attivisti della Climate Open Platform. E se il ministro Cingolani dice che «la transizione ha i suoi tempi», loro ribadiscono che il tempo è scaduto.

E POICHÉ GIUSTIZIA climatica e diritti umani non sono slegati, anche l’ultimo annuncio della PreCop farà discutere: l’inviato Usa John Kerry ha detto che la prossima COP27, nel 2022, si terrà in Egitto, nel Paese guidato da Abdel Fattah al Sisi, che il 20 settembre, a margine dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, aveva dichiarato che il suo Paese aspirava ad ospitare il 27mo Summit sul clima a nome del continente africano. L’annuncio di Kerry è un’altra vittoria della diplomazia del Paese del Nord Africa, lo stesso che da 19 mesi detiene in custodia cautelare in carcere lo studente dell’Università di Bologna Patrick Zaki e dove Giulio Regeni – dottorando italiano dell’Università di Cambridge – è stato ammazzato all’inizio del 2016.