Più di cinquemila persone hanno invaso il centro di Roma ieri pomeriggio per dire no a discariche e inceneritori, per chiedere una nuova gestione del ciclo dei rifiuti della Capitale dopo la chiusura di Malagrotta. Per la prima volta i comitati sfilano tutti assieme, dai Castelli Romani alla Valle Galeria, da Villa Adriana a Fiumicino, dalla Valle del alto ai municipi della zona sud-ovest di Roma; in prima fila il presidio permanente di Falcognana, dove dovrebbe aprire la discarica «temporanea», dopo la chiusura di Malagrotta il prossimo trenta settembre. A invadere Roma i cittadini di quei territori periferici considerati sacrificabili sull’altare dell’emergenza rifiuti e che ora invece chiedono di essere ascoltati.
Tanti cartelli contro il commissario Sottile, ma anche contro il presidente della Regione Lazio Zingaretti e il primo cittadino Marino, pochi esponenti politici in piazza: si affaccia il segretario di Rifondazione Ferrero e il consigliere Pd Dario Nanni, c’è Andrea Alzetta di Action e qualcuno dei Verdi, nessuna bandiera di partito, latitanti i 5stelle. In prima fila a guidare la protesta il consigliere del IX municipio Lepidini, esponente del Pd in rotta con il partito: «La gestione dei rifiuti è un problema di democrazia, i cittadini devono poter decidere loro, non è possibile che grazie al sistema dell’emergenza non contiamo più nulla». Con i comitati locali in piazza i movimenti dell’acqua e quelli per il diritto all’abitare. La parola che aleggia sulla manifestazione, scritta sugli striscioni e sulle mascherine bianche indossate da molti, è «biocidio», ovvero l’avvelenamento di fatto irreversibile dei territori coinvolti da discariche e inceneritori, e un’incidenza altissima di questi sulla mortalità e l’insorgere di molte malattie sulle popolazioni esposte.
Il prossimo appuntamento è per il primo ottobre, quando dovrebbe chiudere Malagrotta, grazie alle minacce di multe salatissime fatte dalla Comunità europea, anche se potrebbe arrivare una mini proroga visto che ancora si aspetta il nulla osta per Falcognana dal ministro dell’ambiente Orlando. Qualsiasi sia il sito scelto in questa fase emergenziale, rimane insoluta la vera questione: un ciclo dei rifiuti che abbia alla base il cento per cento di differenziata porta a porta.