Da una parte ci sono gli annunci del premier Matteo Renzi e dei suoi ministri che assicurano l’approvazione entro la fine dell’anno del disegno di legge Cirinnà sulle Unioni civili. Dall’altro le parole del presidente della Cei il cardinale Angelo Bagnasco, che dopo lo stop dato nei giorni scorsi ieri ha ribadito ancora una volta la contrarietà della chiesa al provvedimento. In mezzo gli alfieri della crociata contro l’ equiparazione di diritti tra coppie etero e omosessuali, i parlamentari di Area popolare – primi fra tutti quelli del Ncd di Alfano – ma anche un Pd per niente compatto e convinto sul ddl, al punto che anche tra le sue fila è possibile contare qualche parlamentare incerto sul da farsi.
Non accenna certo di diminuire la polemica intorno al ddl Cirinna, che anzi vede la strada per la sua approvazione (il provvedimento è in commissione Giustizia del Senato) sempre più in salita. Le unioni civili non possono essere omologate alla famiglia «perché sono realtà diverse: bisogna riconoscere la diversità delle realtà e trattare le singole realtà secondo la concreta situazione. Omologare automaticamente mi pare che sia contro la logica», ha ripetuto ieri il cardinale Bagnasco definendo «polemiche che non aiutano» gli interventi di quanti hanno letto le sue parole come un’ingerenza da parte della chiesa nel dibattito politico del Paese. «Nessuno può fare delle ingerenze – ha proseguito Bagnasco -: tutti devono portare il proprio contributo rispettando la responsabilità di ciascuno».
Il problema è che più che contributi alla discussione, sul ddl stanno piovendo massi destinati a fermare del tutto l’iter della legge. Ieri il ministro Graziano Delrio ha garantito ancora una volta l’impegno del governo a voler andare avanti con l’esame del testo, pur assicurando l’ascolto di tutte le posizioni presenti in parlamento. Più che sufficiente per scatenare le reazioni di una destra che di confrontarsi non ne ha nessuna voglia. E che anzi preferisce dettare lei le regole del gioco. Così Paola Binetti (Ap) ha subito chiesto a Renzi di ritirare il ddl Cirinnà (a proposito di dialogo), seguita dal collega Alessandro Pagano che ha chiesto di sostituire il testo in discussione con la proposta di legge firmata da lui e Maurizio Sacconi sui diritti individuali dei conviventi. Il che per essere chiari significherebbe «no all’equiparazione al matrimonio, no all’adozione gay e no all’orrenda pratica dell’utero in affitto», come ha spiegato la stesso Pagano.
Questa dell’«utero in affitto»(in realtà si chiama gestazione di sostegno, ma a destra preferiscono involgarire il linguaggio) è un’altra della motivazioni che i parlamentari di Area popolare accampano nel tentativo di bloccare il ddl Cirinnà. Il senatore Gaetano Quagliarello ha proposto di abolirla per legge, sicuro che poi si troverebbe un’intesa sulle unioni civili. E subito Eugenia Roccella, deputata anche lei di Ap, ha proposto un emendamento al ddl sulle unioni civili che «ne modifichi profondamente l’impostazione».
In realtà nel testo in questione è prevista la stepchild adoption, ovvero la possibilità di adottare il figlio del partner, ma nessun via libera all’adozione per i gay né alla gestazione di sostegno. Come conferma il senatore Felice Casson, vicepresidente della commissione Giustizia del Senato che a settembre riprenderà l’esame del testo. «Sono scuse per bloccare il ddl, come ha spiegato più volte in commissione la relatrice del testo», dice. «Chi fa queste affermazioni o non conosce affatto la legge oppure è in malafede».