Chiudo le chiese. Anzi no, le riapro, ma invito i fedeli a non andarci.

Pasticcio a Roma sull’apertura o no delle chiese cattoliche per la preghiera individuale. Giovedì scorso il cardinal De Donatis, vicario del papa per la diocesi di Roma, emana un decreto (prot. n. 468/20) che, viste le nuove misure restrittive della Presidenza del consiglio dei ministri, dispone, «per il bene comune», il divieto di accesso «alle chiese parrocchiali e non parrocchiali della Diocesi di Roma» per «tutti i fedeli». E ricorda le parole di Gesù nel Vangelo: «Dove sono due o tre riuniti nel mio nome, io sono in mezzo a loro».

Insomma, per pregare non c’è bisogno di andare in chiesa.

Ieri mattina, però, durante la messa a Santa Marta (in streaming), papa Francesco scompiglia le carte e dice che «le misure drastiche non sempre sono buone».

Immediatamente De Donatis fa marcia indietro ed emana un nuovo decreto (prot. n. 469/20), che corregge il precedente e interrompe la serrata. «Rimangono chiuse all’accesso del pubblico le chiese non parrocchiali e più in generale gli edifici di culto di qualunque genere – scrive il cardinal vicario -, restano invece aperte le chiese parrocchiali». Anche se poi i fedeli sono esortati ad attenersi «con senso di responsabilità al cosiddetto decreto #Io resto a casa#».

Un «chiudo-non chiudo», va detto, determinato dalle incaute affermazioni del papa che, nel momento in cui l’Oms dichiara il Covid-19 una «pandemia» e plaude alle misure adottate in Italia «per rallentare il virus», afferma che «le misure drastiche non sempre sono buone».

Al di là del Vaticano (dove la basilica di San Pietro resta aperta, anche ai turisti) e di Roma (chiese chiuse, ma solo per una notte), come è la situazione nel resto d’Italia? La Cei, preso atto del decreto della Presidenza del consiglio dei ministri che vieta messe, funerali e altre celebrazioni, ha accettato la disposizione «in forza della tutela della salute pubblica», sottolineando però che le chiese restano aperte. E così infatti sta avvenendo in tutta Italia: niente messe ma chiese aperte per la preghiera individuale, anche nelle diocesi del nord più colpite dal coronavirus.

La preghiera, però, non è contemplata fra le eccezioni (lavoro, salute, necessità) per uscire di casa. Il fedele che va in chiesa a pregare verrà multato? Sull’argomeno, il vescovo di Palermo, mons. Lorefice, precisa: chiese aperte «per dare la possibilità a chi si trovasse di passaggio (per esigenze di lavoro, o sanitarie, o di acquisto di generi di prima necessità) di sostare brevemente in preghiera». Invece sempre in Sicilia, ad Agrigento, card. Montenegro, è netto: da ieri tutte le chiese sono chiuse.