Obbligatorio denunciare all’autorità giudiziaria un prete pedofilo. Chi non lo fa, sarà sanzionato penalmente. A poco più di un mese dal summit contro la pedofilia di fine febbraio, quando sono stati convocati in Vaticano i presidenti delle conferenze episcopali e i superiori generali di tutto il mondo, papa Francesco vara nuove norme penali contro gli abusi sessuali sui minori.

Le disposizioni (un motu proprio del papa, una legge e le linee guida), in vigore da giugno, sono valide per la Curia romana e la Città del Vaticano. Quindi, dal punto di vista «quantitativo», il loro peso è minimo, perché si parla di uno Stato minuscolo – dove peraltro vive un numero ridotto di minori – e di poche migliaia di persone. Ma hanno un valore chiaramente esemplare e rappresentano un modello per la Chiesa universale.

Il papa ha scritto: d’ora in poi in Vaticano se un cardinale, un vescovo, un nunzio o un prete viene a conoscenza – non in confessione, per cui permane il segreto sacramentale – che un altro religioso ha commesso maltrattamenti o abusi sessuali su minori o su persone vulnerabili (violenza, atti sessuali, pedopornografia, prostituzione), oltre che informare i propri superiori, ha l’obbligo di denunciarlo alla magistratura per l’avvio di un’indagine ed eventualmente di un processo penale (quindi non solo canonico). A questo punto, quindi, per una singola Conferenza episcopale nazionale sarà difficile ignorare questa norma e non introdurre l’obbligo di denuncia anche nel proprio ordinamento.

Il primo banco di prova riguarderà proprio la Chiesa italiana. A maggio, in occasione dell’assemblea generale della Cei, i vescovi dovranno aggiornare le linee guida antipedofilia. Fino ad ora hanno sempre rifiutato di inserire l’obbligo di denunciare i preti pedofili alla magistratura. Se non lo faranno nemmeno adesso, sarà evidente che papa Francesco si muove in una direzione, quella della denuncia, e la Chiesa italiana procede invece nella direzione opposta, quella dell’omertà e dei «panni sporchi che si lavano in famiglia».

Nelle nuove diposizioni vaticane, vi sono anche altre norme rilevanti: rimozione dagli incarichi per chi è giudicato colpevole (oltre, ovviamente, alla condanna penale e canonica), sanzioni pecuniarie e detentive per chi non denuncia, allungamento dei termini di prescrizione a venti anni (che, in caso di violenze su minori, partono dal compimento della maggiore età da parte della vittima), più rigida selezione dei candidati alla vita religiosa e del personale vaticano. Nelle prossime settimane è attesa la pubblicazione di un vademecum anti-abusi da parte della Congregazione per la dottrina della fede rivolto alla Chiesa universale. Certo si resta ad un livello normativo, quindi formale. Nodi come il celibato obbligatorio e il ruolo sacrale e di potere del prete, ovvero le cause profonde della pedofilia, non vengono toccate né lo saranno in seguito. Ma questa è un’altra storia.