Nonostante siano passati ormai quasi due mesi dal giorno in cui è stato siglato, il governo italiano non ha ancora speso una parola per chiarire i contenuti dell’accordo firmato lo scorso 3 agosto dal ministero degli Interni – e in particolare del Dipartimento della pubblica sicurezza – con la polizia del Sudan per i rimpatri dei migranti considerati irregolari. A chiedere ancora una volta chiarezza sulla vicenda, di cui le prime vittime sono stati una quarantina di migranti sudanesi fermati a Ventimiglia e rispediti il 24 agosto a Khartoum, è stato ieri il Tavolo nazionale asilo – un cartello che riunisce 17 associazioni laiche e cattoliche – sottolineando come il contenuto del Memorandum sia ancora ignoto anche al parlamento. «L’Italia sta redigendo accordi con regimi dittatoriali per bloccare i flussi migratori. Non è possibile che i soldi destinati alla cooperazione siano usati per bloccare i flussi e ci sembra inaccettabile che vengano dati a regimi dittatoriali», ha spiegato il vicepresidente dell’Arci Filippo Miraglia.

Quello con il Sudan è solo uno degli accordi che Roma sta siglando con una serie di paesi africani. Oltre a quello con il regime di Omar Hassan Ahmad al-Bashir, già ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra e contro l’umanità, altri simili sono stati raggiunti con Egitto, Nigeria Gambia e Tunisia. Secondo alcune informazioni, il governo Renzi avrebbe garantito a Khartoum mezzi e addestramento della polizia di frontiera in cambio della possibilità per l’Italia non solo di rispedire in patria i sudanesi fermati nel nostra territorio, ma anche di poter svolgere direttamente nel paese africano le identificazioni. In questo caso di potrebbero respingere non solo i sudanesi, ma anche i migranti che si sospetta possano arrivare da quel paese, rimandando a un secondo momento l’accertamento della nazionalità di origine. Gli eventuali «errori» verrebbero rimandati in Italia. Una procedura che sarebbe consentita solo nei casi di urgenza, mentre i costi del viaggio di andata e quelli dell’eventuale ritorno sarebbero a carico dell’Italia.

Gli accordi sono la traduzione pratica di quello che Roma e Bruxelles intendono quando parlano della necessità di raggiungere intese con i paesi di origine e di transito dei migranti pur di fermare i flussi. Per quanto riguarda il Sudan la prova generale si è avuta il 19 agosto quando a Ventimiglia è stato fermato un gruppo di 48 sudanesi. Trasferiti in pullman a Taranto, i migranti sono stati trattenuti all’interno dell’hotspot per poi essere spostati a Torino dove, il 24 agosto, sono stati imbarcati su una aereo per Khartoum. Per mancanza di posti sull’aereo, otto di loro sono però rimasti a terra e hanno potuto presentare domanda di asilo. «Non crediamo che ci siano state le garanzie per il rimpatrio – ha osservato l’avvocato Salvatore Fachile dell’Asgi – e le espulsioni di massa sono illegali. Sono diverse le illegalità compiute in questa circostanza dal governo italiano».