«Ancora oggi, Fontana e Gallera hanno il coraggio di dire che rifarebbero tutto ciò che hanno fatto durante i mesi dell’emergenza Covid. Questa affermazione è una mancanza di rispetto; nei confronti delle persone che sono morte e delle loro famiglie. Questa gente, politici locali e non, dovrebbe solo avere il buon senso di dimettersi». A parlare, in una lunga intervista telefonica, è Consuelo Locati, avvocato e membro attivo di «Noi Denunceremo», il comitato per le vittime di Covid-19 nato nella Bergamasca. «Da quel 22 marzo, – continua Locati – quando è stato aperto il gruppo Facebook per raccogliere il dolore di Luca e Stefano Fusco, che avevano perso rispettivamente il papà e il nonno, si sono unite a noi oltre 13 mila persone, non solo quelle che avevano subito uno o più lutti durante l’emergenza sanitaria. Nei due “Denuncia Day” che si sono svolti a Bergamo (ne seguirà un terzo a fine settembre, ndr) abbiamo raccolto oltre un centinaio di esposti che abbiamo regolarmente consegnato alla Procura. È un modo per chiedere che sia fatta luce sulle responsabilità dei singoli. Non vogliamo puntare il dito contro uno in particolare ma contro tutti», aggiunge l’avvocato Locati, che ha perso il papà durante la pandemia.

Qual è stato l’obiettivo del vostro lavoro di questi mesi?
Ci siamo sostituiti alla commissione d’inchiesta della Regione Lombardia che non è mai partita (lunedì 7 settembre al Pirellone, è previsto il voto per eleggerne il presidente, ndr). Con le nostre ricerche, la raccolta di materiali e denunce abbiamo svolto il loro lavoro. A oggi, dunque, ci arroghiamo il diritto di considerarci noi la vera commissione d’inchiesta.

Alcuni giorni fa avete scritto al presidente Mattarella per chiedere che sia accertata la verità: quali sono le responsabilità di gestione più gravi, secondo voi?
Per quanto riguarda la Lombardia, di sicuro il non aver ottemperato all’obbligo di fare scorte di dispositivi medici, di aver emanato le due terribili ordinanze sulle Rsa e di aver totalmente abbandonato i medici del territorio provocando il sovraffollamento e il conseguente collasso degli ospedali. Non dimentichiamo, poi, che le direttive internazionali prevedevano anche di potenziare le terapie intensive, cosa che non è stata fatta.

Parliamo comunque di disposizioni previste da un piano pandemico nazionale e uno regionale non aggiornati.
Il dramma è proprio questo: i piani pandemici, seppur obsoleti, non sono stati rispettati, come non è stato rispettato l’obbligo di isolamento dei casi. Inoltre, come evidenziato dal report Lunelli, esistono piani regionali di prevenzione: il penultimo è del 2014-2018, la cui validità era stata prorogata fino al 2019. In questo testo è chiaro che la responsabilità della sorveglianza era in capo ad Ats. Inoltre, ed è l’aspetto più inquietante, c’è una direttiva del parlamento europeo del 2013, che obbliga gli Stati membri ad adeguare i piani pandemici, che non è mai stata eseguita né dallo Stato centrale, né dalle Regioni. Che si sia trattato di una leggerezza, di superficialità o di una omissione non è compito nostro stabilirlo. Ci penserà la magistratura.

A proposito di governo e Regioni: a che punto è l’inchiesta della procura sulla mancata zona rossa di Alzano Lombardo e Nembro?
Tra la fine di settembre e l’inizio di ottobre, scadranno i termini per la presentazione della perizia che il Tribunale di Bergamo ha chiesto al professor Andrea Crisanti. In quanto consulente nominato dalla procura, dovrà fornire il nesso eziologico tra la certa condotta dell’emergenza e le conseguenze mortali che ha cagionato la gestione in Lombardia. Va ricordato, comunque, che l’istituzione della zona rossa è regolata sia dal potere governativo sia dalle Regioni, grazie alla legge n. 833 del 1978 che in ambito sanitario, in una situazione emergenziale, prevede che sia la Regione a intervenire immediatamente.

Che possibilità ci sono che le indagini si concludano con un rinvio a giudizio?
Sono molto fiduciosa a riguardo e il fatto che la procura abbia scelto un consulente esterno per una valutazione è un elemento in più per credere che si arrivi all’iscrizione nel registro degli indagati delle persone ritenute responsabili.