Si è riaccesa come una scintilla. Tutta d’un tratto. La politica piemontese, dopo la decisione del Consiglio di Stato di respingere il ricorso del presidente Cota, vive ore concitate. Finisce così, tra scandali giudiziari e tagli di bilancio, la travagliatissima legislatura del centrodestra. Azzerata l’assemblea regionale, in quanto la vittoria del 2010 fu irregolare (causa firme false), si torna al voto. Ma con tanti interrogativi.

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Il primo è quando si svolgerà, anche se sembra ormai probabile sia il 25 maggio, con un election day in concomitanza con le elezioni europee per risparmiare 40 milioni di euro. Il secondo, è se il centrosinistra farà le primarie o punterà tout court su Sergio Chiamparino, ormai investito dai media come candidato in pectore. La sinistra si dividerà o meno? Terzo, cosa farà il Movimento 5 stelle, che viene dato intorno al 26%? Quarto, il centrodestra si affiderà davvero alle primarie? Infine, chi indirà le elezioni un commissario o l’attuale governatore leghista?

Ciò che è certo è che i due contendenti non saranno più Mercedes Bresso e Roberto Cota, che lascia una Regione peggiore di quella di quattro anni fa, con meno lavoro, meno sanità e un amputato diritto allo studio. L’ex zarina non si ricandiderà. In questi anni, ai margini del suo partito, che non l’ha appoggiata all’inizio della battaglia giudiziaria, ha riacquistato un ruolo da protagonista solo negli ultimi mesi. Corrono voci che pensi a Bruxelles. Intanto, ieri, si è di nuovo rivolta a Cota: «Se gli organi preposti non procederanno ad indire subito nuove elezioni, ci rivolgeremo al Tar». Per Bresso, la vicenda del Piemonte evidenzia la necessità di «una riforma del diritto amministrativo italiano. In questi casi non siamo di fronte ai delitti di Maigret e i tempi sono fondamentali. I quattro anni, che sono stati necessari per accertare che le elezioni fossero state vinte da Cota in modo illegale, sono dipesi dalla complessità del sistema giudiziario italiano. Si dovrebbe riportare ogni decisione in materia elettorale ai soli tribunali amministrativi».

L’ex sindaco di Torino ed ex presidente della Compagnia di San Paolo Chiamparino è pronto alla sfida, mettendo un po’ di paletti a sinistra, a Sel per esempio: «Non chiedo abiure, ma con il cantiere Tav avviato, non si può più stare con chi vuole boicottare quell’opera». Non teme le primarie («a patto che siano vere»), che la maggior parte del Pd, impegnato domenica nella scelta del segretario regionale, vorrebbe evitare. Né lo preoccupa la concorrenza del M5s. Dimenticando, però, come una sottovalutazione tale sia costata al centrosinistra la vittoria. Davide Bono, consigliere grillino, confida in una «regione a cinque stelle» e annuncia che tra due settimane verrà presentata una lista di 40 candidature per correre alla presidenza».

Le sfumature (e le differenze) non mancano a sinistra del Pd. Il segretario torinese del Prc, Ezio Locatelli, dice no a Chiamparino: «È il garante di un blocco di interessi finanziari, imprenditoriali, affaristici che chiede null’altro che di essere preservato. Cota e Chiamparino sono due facce della stessa medaglia». Da seguire, secondo Locatelli, il modello della candidatura di Alexis Tsipras per le elezioni europee. Non è così tranchat la consigliera regionale della Fds, Eleonora Artesio, né il segretario regionale di Rifondazione Armando Petrini, che chiedono unità a sinistra e invitano Chiamparino a evitare diktat bensì a discutere di contenuti. Il capogruppo di Sel in consiglio comunale a Torino, Michele Curto, invoca le primarie: «Sono la cosa più naturale al mondo per riannodare i fili con il popolo della sinistra. Non nascondo i limiti della candidatura di Chiamparino. Se ci saranno consultazioni di coalizione saremo pronti».

Ieri, è circolata la voce di un competitor del peso massimo di Giorgio Airaudo, ex leader Fiom e attuale parlamentare di Sel, che però, contattato da il manifesto, ha smentito una sua imminente candidatura alle primarie del centrosinistra: «Non c’è nulla di vero. Prima andrebbe fatta una discussione di metodo». Monica Cerutti, consigliere regionale di Sel, invita la sinistra a non dividersi e chiede a Chiamparino di «confrontarsi sul programma che ancora non conosciamo».

E il centrodestra che fa? Cota, dopo l’ennesima bastonata, pare convinto a mollare, nonostante il segretario del Carroccio, Matteo Salvini, lo inviti a resistere. Il governatore lombardo Roberto Maroni l’ha già liquidato e parla di election day e primarie di coalizione. Sul tavolo, però, non ci sono nomi leghisti: Guido Crosetto (Fdi), l’assessore uscente al Lavoro, Claudia Porchietto (Ncd), e Gilberto Pichetto, berlusconiano di ferro e assessore uscente al Bilancio.